La Fondazione si trasferirà dalla sede di Origlio per aprire un nuovo capitolo. La ristrutturazione del complesso del Gerbone sarà completata nel 2024.
La Fondazione Otaf si sposta dalla vecchia fattoria a Origlio a quella nuova a Vezia, in (ri)costruzione da oggi, a seguito della cerimonia inaugurale. Il progetto della ristrutturazione è volto alla conservazione della struttura originaria del Gerbone, considerata come bene protetto. Questa operazione consentirà di mantenere, e in alcuni casi di potenziare, le attività della Fondazione. Attualmente, il laboratorio agricolo offre un lavoro protetto a 20 persone con disabilità sotto la supervisione di quattro operatori, impiegati in attività agricole e di apicoltura, nella gestione di un allevamento di galline ovaiole e nella realizzazione di manufatti in legno per viticoltori e apicoltori. Presso la fattoria si svolgono anche sedute di ippoterapia. I costi dei lavori ammontano a 4 milioni e 800mila franchi, di cui 2 milioni e 800mila saranno sussidiati, a fondo perso, dal Cantone.
«Quando nel lontano settembre 2017 fu notificata la definitiva scadenza per settembre 2023 del contratto d’affitto della fattoria di Origlio credevamo che i sei anni a nostra disposizione sarebbero stati sufficienti per facilmente trovare una degna nuova collocazione per il nostro laboratorio agricolo – ha raccontato il presidente del Consiglio di Fondazione Otaf, Franco Spinelli –. Non è stato così ma questa giornata dà l’ufficiale inizio ai lavori di sistemazione della fattoria Gerbone e cancella tutti i dubbi che ci hanno accompagnato in questo lungo burocratico percorso».
Sarà ora molto importante «coordinare i lavori di costruzione per giungere entro un anno a mettere a disposizione dei venti utenti e dei quattro operatori gli spazi necessari per proseguire le attività agricole svolte attualmente a Origlio e per evitare un’interruzione dell’offerta fisioterapica di ippoterapia. Per ultimare il restauro-ricostruzione della parte principale dell’insediamento rurale dovremo attendere dicembre 2024».
Le analisi dell’archeologo Nogara hanno confermato che si tratta di un insediamento rurale che risale al XV secolo. In effetti, lo stabile principale di tre piani è stato costruito in tre fasi differenti: la prima nel 1400, la seconda nel 1600 e l’ultima aggiunta nel 1700. Sulla base di questo rapporto è stato quindi possibile aggiungere la masseria nell’elenco dei beni culturali di interesse comunale.
Il complesso è composto da due fabbricati. Il primo, affacciato verso il piano del Vedeggio, è l’edificio principale e più antico che ospitava una parte adibita ad abitazione che raggiunge i tre piani d’altezza, con un grande arco al pianterreno, mentre l’ampia stalla e il fienile si innalzano su due livelli. Il secondo costruito in epoca più recente comprende invece un’altra stalla, un deposito e un fienile. «Il progetto che abbiamo elaborato – ha spiegato l’architetto e autore dello studio, Matteo Huber –, prevede di ristrutturare sia la masseria che gli stabili adiacenti».
Nello stabile principale, «le destinazioni possono essere suddivise in spazi amministrativi, spazi associativi e spazi di lavoro, nonché depositi e un appartamento per il custode». L’edificio secondario, fienile e stalla, riprenderà in parte l’antico scopo. Nella stalla prenderanno posto due cavalli per l’ippoterapia, un locale per finimenti e selle, un locale d’accoglienza con spogliatoio e bagno per invalidi, nonché la lavanderia e il locale tecnico. Al primo piano è previsto il fienile e il deposito per il mangime. In continuità allo stabile del fienile si inserisce un nuovo stabile, adibito a spogliatoi.
È inoltre prevista la realizzazione di un frutteto di Pomacee, uno stabile per i depositi dei macchinari e degli attrezzi per l’attività agricola, i locali per la smielatura e per la spremitura del succo. Verrà pure costruito un pollaio da 200 galline e posate delle serre in vetro per l’attività di orticoltura. «Tutto è stato pensato – ha concluso Huber – per occupare in modo continuo, ma differenziato in ogni periodo dell’anno, gli utenti presenti».
«Sapere abbinato il nome del Comune di Vezia alla Fondazione Otaf è per noi un motivo di vanto – ha esordito il sindaco di Vezia, Roberto Piva–. È un valore aggiunto nella nostra immagine di una comunità di duemila abitanti. Sono sicuro che sarà l’avvio di una solida presenza istituzionale con la quale collaborare, che già assaporo nello spirito di una visione che contraddistingue questo Municipio, nelle future cooperazioni che sarà bello individuare assieme per vivere sempre di più e con passione il nostro territorio».
«Con la posa oggi della prima pietra avviamo ufficialmente il cantiere. Si tratta di un momento fortemente simbolico, forse ancora più simbolico rispetto alle tradizionali cerimonie di questo tipo – ha affermato il consigliere di Stato Raffaele De Rosa –. Da un lato anche a Vezia ci attendiamo di veder sorgere costruzioni e ri-sorgere manufatti ed edifici grazie alle riattazioni. Ma quello che crescerà qui va ben oltre la dimensione materiale: le componenti di questo progetto sono soprattutto quelle dell’inclusione, della partecipazione, della condivisione, della sostenibilità.