Luganese

Aggressione all’autosilo Balestra, inflitti 14 mesi di carcere

Condannato il 26enne luganese che a dicembre ha preso a calci l‘ex compagna che lo aveva lasciato. ‘Tentate lesioni semplici, ma atto grave’

La procuratrice pubblica, Margherita Lanzillo, titolare dell’inchiesta
(Ti-Press)
5 settembre 2022
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È arrivato il verdetto della Corte a quasi 9 mesi dalla grave aggressione avvenuta al primo piano dell’autosilo Balestra di Lugano, dove la sera del 12 dicembre scorso un 26enne in assistenza, avvolto dai fumi dell’alcol e dalla rabbia per essere stato lasciato, ha preso a calci la sua ex compagna e l’ha minacciata. Quattordici mesi di carcere da espiare è la pena inflitta dal giudice, Marco Villa.

La Corte ha derubricato da tentate lesioni gravi, a lesioni semplici, il principale capo d’imputazione perché «non vi è una prova manifesta che l’imputato volesse arrecare un grave danno alla vittima. Ma questo non significa che non siamo di fronte a un atto grave» – ha spiegato il presidente della Corte delle Assise correzionali di Lugano. Lesioni semplici, minaccia, infrazione alla legge federale sulle armi per il possesso di un coltello a farfalla e ripetute vie di fatto. Decadute, invece, le vie di fatto contro la madre dei figli dell’uomo. Questi i reati dei quali è stato riconosciuto colpevole l’imputato. Per la Corte «non vi è garanzia che, una volta fuori, i suoi rischi di recidiva decadano». La prognosi è negativa e pertanto la sentenza è completamente espiativa – ha spiegato il giudice Villa.

Per rabbia e per vendetta

La procuratrice pubblica, Margherita Lanzillo, nel primo pomeriggio ha aperto la sua requisitoria, sottolineando: «La violenza sulle donne è un atto insopportabile, distrugge. Ogni essere umano non può avere tutto. C’è un limite. E quando questo limite è superato c’è annientamento di sé e dell’altro. Quando un uomo anziché interrogarsi sul fallimento della sua vita amorosa e misurarsi sulla sua solitudine minaccia la donna che lo ha abbandonato, significa che il legame non era fondato sulla relazione. Quel limite l’imputato lo ha valicato il 12 dicembre scorso: ha manifestato odio verso la sua compagna, che non aveva nessuna colpa: era stata solo sincera nel volergli comunicare che lo lasciava».

Determinanti, al fine dell’inchiesta, le immagini catturate dal sistema di videosorveglianza presente all’autosilo Balestra – ha spiegato il magistrato. Che ha sottolineato: «Colpire alle parti superiori del corpo, dal torace alla testa, può portare a conseguenze gravi, persino alla morte – ha evidenziato la pp –. L’ha colpita a una distanza ravvicinata. Ha messo in campo la sua predominanza fisica. Il video mostra come i colpi fossero rivolti in direzione del volto della donna. L’uomo ha manifestato rabbia e vendetta. La donna è scampata da un grave pericolo». La pp ha chiesto la conferma integrale dell’atto d’accusa, in cui sono descritti anche altri episodi di violenza perpetrati dal 26enne contro la madre dei suoi figli, tra cui le percosse con un mestolo quando era incinta». La pp Lanzillo ha proposto una pena di 22-23 mesi, eventualmente sospesa a beneficio di un collocamento stazionario.

L’avvocato Giuseppe Gianella, in rappresentanza della madre dei figli dell’imputato, ha evidenziato: «La mia assistita ha subìto in silenzio una relazione tossica». "Per lui ero di sua proprietà anche se non stavamo insieme" – ha dichiarato –. La mancanza di rispetto è stata una costante. Scoppi d’ira frequenti a causa dell’imputato, che ha cercato di sminuire le sue responsabilità e di denigrare la donna. Il legale ha richiesto un risarcimento per torto morale di 1’000 franchi.

L’avvocatessa Ioana Mauger, per l’ex compagna del 26enne ha evidenziato: «Ha subìto violenza fisica, verbale e psicologica. Lui le ha chiesto il classico "ultimo appuntamento" e si è presentato con un coltello in tasca e se la mia assistita è qui è per sola fortuna». In Ticino si registrano ogni giorno tre interventi per violenza domestica, più di mille all’anno. La legale ha richiesto un risarcimento di 5mila franchi per torto morale. Dopo la sua legale, ha preso la parola la vittima, ripercorrendo l’escalation di violenza subìta dall’imputato: «Non potevo più sopportare le sue manipolazioni psicologiche. Ero convinta che volesse uccidermi. Ho trascorso sette ore in Pronto soccorso con dolori e piangendo. Sono rimasta assieme a lui per lungo tempo soltanto per paura, ero completamente sola e abbandonata, in balìa degli eventi. Ero terrorizzata. Ho paura che quando sarà scarcerato, possa finire quello che ha iniziato».

L’avvocato di difesa, Deborah Gobbi, nella sua arringa ha dichiarato: «Il mio assistito quella sera del 12 dicembre ha raggiunto l’apice della deriva con atti di violenza grave, ma dopo il carcere ha preso in mano la sua vita. La ripresa totale avverrà dopo una ulteriore cura. Il 26enne – ha evidenziato la legale – ha ammesso sin da subito le sue responsabilità. Non ha mai voluto infliggere conseguenze alla donna: l’evento principale è un’azione da attribuire all’alcol e allo stato di rabbia per essere stato lasciato». La legale ha chiesto la derubricazione del reato, da tentate lesioni gravi a semplici. La sua richiesta: una pena per cui la parte da espiare non superi i 12 mesi di carcere. Per quanto attiene alla misura di trattamento stazionario proposta dal perito, l’avvocatessa Gobbi non ne ha ravvisato la necessità, propendendo per un trattamento ambulatoriale.

L’imputato, al termine del processo, ha dichiarato: «Vorrei porre le mie sentite scuse alle vittime, so che il mio comportamento ha causato dolore. Mi assumo la piena responsabilità di quanto successo, non ho scusanti. Ad oggi, superato lo shock iniziale, ho percorso cambiamenti. Auguro il meglio per le loro vite e per il loro futuro. Mi dispiace».

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