In aula il 26enne luganese accusato di tentate lesioni gravi. L’uomo ha ammesso, ma nega le percosse contro la madre dei suoi figli
È approdato in aula penale stamane il grave pestaggio avvenuto la sera del 12 dicembre al primo piano dell’autosilo Balestra di Lugano, in pieno centro a Lugano, quando un 26enne luganese – un uomo alto e robusto, che ora siede sul banco degli imputati davanti alla Corte delle Assise correzionali di Lugano – ha preso a calci l’ex compagna, dopo averle implorato di tornare con lui e di sposarla. L’uomo – si legge nell’atto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo – "ha messo in pericolo la vita della donna". Ricevuta la risposta negativa da parte dell’ex compagna, il 26enne è intervenuto improvvisamente da tergo "sulla donna, spingendola con la schiena contro l’auto, danneggiandone, per la forza usata, la carrozzeria, successivamente scaraventandola di peso a terra, dopo averla presa per le braccia e facendole fare un intero giro a 360 gradi, colpendola poco dopo, quando la donna tentava di rialzarsi, con un calcio nella parte superiore del corpo (torace, collo, volto)". E poi ancora un calcio violento allo sterno e quindi la fuga, terminata poi con il suo arresto. Il pestaggio è stato ripreso dalle telecamere e le immagini sono state visionate da magistrato e giudice.
Il 26enne ha riconosciuto i fatti. «Non volevo arrivare fino a quel punto, non era mia intenzione recarle lesioni». Ha mirato allo sterno?, ha chiesto il giudice Marco Villa. «In realtà è stato tutto un momento, colpivo alla cieca. Tiravo calci ma sono stato attento a non colpirla alla testa. Avevo bevuto quella sera, era tutto sfocato, non ho ricordi lucidissimi di quella sera, ma so per certo di averla colpita allo sterno».
L’imputato, appassionato di film horror – in casa aveva diverse maschere – ha invece negato violenze contro la madre dei suoi figli, segnatamente di averla percossa con un mestolo quando era incinta di cinque-sei mesi, ma ha ammesso che in passato le ha tirato sberle in due o tre occasioni. «Intende riallacciare con la madre dei suoi figli o con l’ex compagna o sono storie chiuse?», ha chiesto il giudice, Marco VIlla. «Chiuse», ha risposto l’imputato. Il 26enne ha alle spalle precedenti penali, fra cui nel 2020-21 per danneggiamento, sempre in rapporto alla relazione con la madre dei suoi figli. In carcere ha assunto medicamenti nei primi due mesi per l’astinenza da alcol e svolge sedute di psicoterapia.
Una perizia psichiatrica agli atti propone un collocamento stazionario dell’imputato. Turba psichica, instabilità, dipendenza da alcol sono le principali diagnosi. La scemata responsabilità attestata dal perito è di grado leggero. Accertato inoltre il rischio di recidiva, pertanto l’estensore della perizia propone una presa a carico stazionaria a Cagiallo presso Ingrado e un trattamento psicoterapeutico di almeno tre anni "per ridurre il rischio di recidiva". Il 26enne ha dichiarato di voler rifiutare un trattamento stazionario, preferendone uno ambulatoriale, e di essersi ormai disintossicato dall’alcol in carcere.
In aula tra il pubblico, sono presenti rappresentanti dell’Associazione ‘Mai più sola’ e del gruppo ‘Più donne’. Tamara Merlo, granconsigliera e consigliera comunale di Lugano ci ha spiegato quanto sia «importante presenziare al processo a sostegno della vittima. Vittima che abbiamo sostenuto anche al momento della denuncia, garantendole vicinanza e aiuto». Oggi prenderanno la parola la pp Margherita Lanzillo, per la sua requisitoria e per la proposta di pena, e i rappresentanti delle accusatrici private. Quindi parlerà l’avvocato di difesa, Deborah Gobbi. La sentenza dovrebbe essere pronunciata nel pomeriggio.