Pena da espiare e 7 anni di espulsione per l’avvocato 57enne a processo alle Criminali di Lugano e che dal carcere ha scritto a Babbo Natale
Anche il prossimo Natale l’imputato – un avvocato italiano residente in Svizzera dal 2008 e attivo come consulente legale, a processo da ieri davanti alla Corte delle Assise criminali di Lugano – lo passerà al fresco. Questo pomeriggio, infatti, il giudice Amos Pagnamenta – i giudici a latere erano Monica Sartori-Lombardi e Luca Zorzi – lo ha riconosciuto colpevole di una serie di truffe e lo ha condannato alla pena detentiva di 4 anni e all’espulsione dalla Svizzera per 7 anni. «Un uomo con una predisposizione a delinquere, che ha investito tempo, energie e risorse nella commissione dei reati di cui è ritenuto colpevole, mosso unicamente dalla ricerca di un facile guadagno», l’ha definito il giudice. «La colpa dell’imputato è grave e i suoi reati hanno generato la malversazione di un’importante somma di denaro, pari a 2,5 milioni di franchi». Tra questi figura anche l’ottenimento illecito di una serie di finanziamenti Covid.
La difesa – rappresentata dall’avvocato Marco Frigerio – si è espressa nella propria arringa contestando la maggior parte delle accuse e delle aggravanti avanzate dalla Procura nei confronti del 57enne, accettando di fatto soltanto 6 dei 54 capi d’accusa. Il diretto interessato – probabilmente non pago dell’effetto sortito dalla sua ‘simpatica’ letterina a Babbo Natale pervenuta alla pp Francesca Piffaretti-Lanz – una volta terminata l’arringa, ha ribadito che «la procuratrice ha le mani sporche di nero per lo zelo con il quale ha cercato di dipingermi peggio di quanto io non sia». La difesa ha appunto sottolineato come la costruzione dell’accusa si sia a più riprese rivelata lacunosa, facendo passare l’imputato come responsabile di atti illeciti anche laddove ciò risultava difficilmente dimostrabile. Questo però non ha convinto il giudice, che ha sottolineato come risultasse evidente che a «tirare le fila di una delle principali società coinvolte è senza dubbio l’imputato, a dispetto di quanto questi sostenga, con la sua negazione a oltranza durante le sedute processuali».
Sia dalla difesa, sia dallo stesso imputato, è stato sostenuto che un fantomatico personaggio (in questo caso non il panciuto lappone vestito di rosso) – che l’accusa ha dichiarato essere inesistente e considera alter ego del 57enne, e di cui si è peraltro appurato che i documenti d’identità fossero stati finemente ritoccati (o meglio, falsificati) mediante Photoshop – sia invece una persona reale, presentatasi sotto falso nome. «Un avvocato non ha certo i mezzi per valutare l’autenticità di un documento», hanno ribadito in canone Frigerio e l’imputato. L’augurio espresso dalla difesa in conclusione, ovvero che «la prossima letterina a Babbo Natale non verrà inviata dal carcere» pare dunque non potersi avverare. Accettati sostanzialmente 6 capi d’accusa e considerando quasi un anno di carcerazione preventiva scontato dall’imputato (è infatti detenuto alla Farera dal 27 aprile 2021), la difesa si è battuta per una pena sospesa inferiore ai tre anni a fronte della pena detentiva di 5 anni e 6 mesi proposta dalla procuratrice pubblica Francesca Piffaretti-Lanz. Inoltre, secondo la difesa, in virtù dei forti legami del 57enne con la Svizzera – che vi risiede dal 2008 con la famiglia, anche se quest’ultima al momento si trova provvisoriamente in Italia per motivi apparentemente economici e di salute – è stato anche richiesto l’annullamento dell’espulsione dal Paese per 7 anni domandata dall’accusa. Questa versione non ha convinto il giudice, che ha ritenuto che l’uomo «non ha particolari legami con la Svizzera, poiché la sua famiglia risiede in Italia, la maggior parte dei guadagni li ottiene in quel Paese, al punto da fare il "frontaliere alla rovescia"». Alla luce di ciò l’espulsione dalla Svizzera è stata confermata.
L’imputato si è detto dispiaciuto per quello che ha fatto, se ne rammarica e ha aggiunto mogio: «Non basterà una vita per pentirmi delle stupidaggini che ho fatto». Inoltre, si è giustificato dicendo: «A volte uscire dalla legalità sembra l’unica via d’uscita, non lo si fa per arricchirsi o innalzare la propria posizione, ma perché appare come l’unico modo per sopravvivere». Parole ricche di pathos espresse da un uomo «molto sfortunato», come l’ha ironicamente definito ieri il giudice Amos Pagnamenta, alla luce dei molteplici furti di beni di lusso denunciati alle assicurazioni, e che in realtà sembrano stonare con le azioni dell’imputato «che ha perseguito il facile guadagno, pronto a escamotage di ogni genere per raggranellare qualche franco» (2,5 milioni, ndr).