‘Pecunia Olet’, le difese sollevano l’eccezione della competenza territoriale e il collegio giudicante di Bergamo aggiorna il processo a inizio maggio
Si è aperto stamane in Tribunale a Bergamo il processo nei confronti di sei imputati, fra cui Tiziano Galeazzi, municipale di Lugano, scaturito dall’inchiesta "Pecunia Olet", per reati tributari e fallimentari risalenti al 2011. Secondo il pm Carmen Santoro, gli imputati ticinesi avrebbero aiutato a riciclare denaro. Al centro della vicenda, una donna bresciana, residente a Lugano, e i suoi familiari. L’udienza di stamane è stata breve, in quanto i legali degli imputati (nessuno dei quali era presente in aula), gli avvocati Gian Battista Scalvi di Bergamo e Davide Giudici di Como (difensore di Galeazzi) hanno sollevato la questione della competenza territoriale. Per i difensori, i fatti contestati sarebbero radicati in provincia di Brescia, dove avevano sede le aziende alle quali si riferiscono i reati tributari e fallimentari che, stando all’accusa, avrebbero generato i denari rimbalzati tra Calcio (Brescia), in varie località fra le quali Lugano e Locarno. Il collegio giudicate, dopo una breve camera di consiglio, si è riservato di decidere sulla richiesta della difesa, per cui ha aggiornato l’udienza alle 15 del 3 maggio.
Il fascicolo era già "ballato" tra la Procura di Brescia e quella di Bergamo. L’eccezione di competenza territoriale era già stata sollevata (e respinta) in sede di udienza preliminare. Oltre a Galeazzi, c’è un secondo imputato ticinese: un fiduciario che risiede a Locarno. Il municipale democentrista si è sempre professato innocente, tant’è che aveva rifiutato il patteggiamento, mentre l’imprenditrice bresciana residente a Lugano e i suoi familiari avevano chiesto di patteggiare, ma le pene sono state ritenute inadeguate dalla Procura. I due consulenti ticinesi sono accusati di aver assistito l’imprenditrice nel trasferimento all’estero dei capitali sospetti. Accusa respinta da Galeazzi che in più occasioni ha tenuto a riaffermare con vigore che "l’ex-cliente di cui parla l’inchiesta era una cliente della banca nella quale lavoravo, e come per tutti i clienti, il mio ruolo, riguardava esclusivamente e semplicemente la gestione dei suoi investimenti in borsa, facendo anche fede alla massima confidenzialità richiesta dagli istituti di credito e dai clienti stessi, che vigeva all’epoca dei fatti".