I ‘tentacoli’ della criminalità organizzata sconfinano in Ticino e in Svizzera, dove sentono di poter agire in piena libertà
I sei presunti ’ndranghetisti, arrestati lo scorso novembre in Svizzera (due dei quali a Lugano), nell’ambito dell’operazione "Cavalli di razza" (104 gli arresti tra Calabria, Toscana e Lombardia), sono stati tutti estradati in Italia. L’ultima estradizione è stata eseguita nel fine settimana negli uffici della Polizia di frontiera di Ponte Chiasso, dove è stato consegnato un 39enne calabrese, originario di Chiaravalle Centrale, residente a Coira, dove era stato arrestato, affiliato alla ’ndrina di Fino Mornasco, una emanazione di quella di Giffone, che ritroviamo in tutte le indagini della Dda di Milano che, dal 1994, hanno certificato il radicamento della criminalità organizzata in provincia di Como, con tentacoli in Ticino.
I Clan, per sottrarsi al 416 bis, ovvero l’aggravante dell’associazione mafiosa, che prevede pesanti condanne e un regime carcerario molto duro, avevano deciso di replicare in Svizzera un modello ben strutturato in Italia. E in Svizzera si sentivano di poter agire in piena libertà, come più volte ha sottolineato Alessandra Dolci, da qualche anno capo della Dda di Milano, dopo essere stata per lunghi anni, braccio destro di Ilda Boccassini: "Con questa inchiesta abbiamo documentato la presenza in Svizzera di propaggini della locale ’ndrangheta di Fino Mornasco. Si muovevano con maggior tranquillità, arrivando a dire che conveniva stare in Svizzera perché non c’è il 416 bis (numerose le intercettazioni telefoniche in cui gli arrestati a Zurigo e Coira parlano del carcere duro, ndr)". Negli atti dell’indagine condotta dalla Questura di Milano e dalla Guardia di finanza di Como, oltre che del traffico di droga e armi, si parla anche del fatto che oltre Gottardo al clan di Fino Mornasco veniva chiesta la protezione. Alessandra Dolci: "Abbiamo accertato anche casi di soggetti calabresi titolari di esercizi commerciali in Svizzera, soprattutto ristoranti e locali notturni, che hanno chiesto l’intervento e la protezione dei nostri indagati per far cessare un’attività di spaccio davanti ai loro locali".
A rifornire gli spacciatori erano gli stessi che poi garantivano la protezione. Nel frattempo, si è appreso che un primo gruppo di dieci arrestati nel Comasco comparirà il 23 giugno davanti al tribunale collegiale di Como con rito immediato. Nel novembre scorso gli oltre cento arrestati erano finiti dietro le sbarre per un ventaglio di reati, fra cui associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico internazionale di cocaina (quasi cinque quintali il quantitativo sequestrato soprattutto nei porti di Livorno e Vado Ligure) e di armi (dalla Svizzera in cambio di cocaina: accusa mossa agli affiliati della ’ndrina di Fino Mornasco). Un ruolo apicale nel colossale traffico di cocaina proveniente dall’Ecuador, gli inquirenti lo cuciono su uno dei due arrestati a Lugano, il 41enne arrestato in riva al Ceresio, dove lavorava in un ristorante come cuoco-cameriere.