Chieste spiegazioni al Municipio sull’accoglienza. Quanti sono gli appartamenti messi a disposizione? Emergerebbero lacune di coordinamento
"Premettiamo che questa interpellanza è redatta con cognizione di causa, essendo le interpellanti famiglie ospitante di rifugiati ucraini. Allo stesso modo non vuole essere una critica, perché possiamo ben comprendere le difficoltà dell’amministrazione. Il nostro intento è invece quello di dare un segnale di allarme su quanto sta capitando, sulla necessità di maggior supporto e controllo sui problemi che potranno insorgere sul territorio". Comincia così l’atto parlamentare inoltrato al Municipio di Lugano, firmato da Morena Ferrari Gamba (Plr) e Federica Colombo Mattei (Ppd). Le due consigliere comunali chiedono: "Di fronte a questa emergenza straordinaria, il Municipio si è fatto promotore per la coordinazione delle attività proposte da associazioni/enti presenti sul territorio? Il Municipio ha previsto un vademecum da inviare a tutti i fuochi o perlomeno alle famiglie ospitanti sulle procedure e a chi rivolgersi in caso di bisogno che non sia una hotline generica, ma un paio di funzionari del Dicastero istituti sociali (almeno per i corsi di italiano, scuole, medici, e prime necessità)? Per evitare un pellegrinaggio infinito al Punto Città, il Municipio ha pensato di istituire un ufficio almeno nei quartieri più popolosi, con presenza di un funzionario in loco anche solo una volta alla settimana, per raccogliere gli annunci dei rifugiati in arrivo?". A livello locale, l’interpellenza chiede "quanti sono gli appartamenti che la Città ha messo a disposizione o intende mettere a disposizione, comprese le case montane, le case, gli appartamenti sfitti della cassa pensione, residenze dismesse come la residenza "il Castagneto", anche per evitare speculazioni? Quante sono le persone che sono state o che saranno assunte dal Comune (assistenti sociali, i mediatori culturali e interpreti) per coprire tutte queste nuove esigenze? È previsto un supporto alle famiglie ospitanti anche quelle che non sono passate tramite il centro di accoglienza di Cadenazzo/Campax/Comune?".
Tutte domande pertinenti su un tema, quello dell’accoglienza di rifugiati dall’Ucraina che è chiaro a tutti (o dovrebbe esserlo): arrivano e stanno arrivando in massa tramite associazioni, da soli o da privati che vanno direttamente alla frontiera polacca o moldava a prenderli. Questi profughi sono, per la maggior parte, madri con bambini/ragazzi in cerca di rifugio. Tuttavia, si legge nell’interpellanza, "i privati si sono assunti il compito di accompagnare i propri ospiti per annunciarsi e richiedere il permesso, per espletare le questioni amministrative, mediche, scolastiche, nutrirli e accoglierli nelle proprie abitazioni. Ma... molti si sono sentiti soli ed è sempre più evidente la mancanza di coordinamento tra pubblico e privato". E nell’ente che favoriva il collocamento "di questi rifugiati si sta esaurendo e aleggia un certo caos, non si comprende più chi fa cosa e chi controlla, verifica e supporta chi ne ha bisogno. Purtroppo, mancano le informazioni. A precisa richiesta presso un ente si viene dirottati su un altro e un altro ancora, con risposte molto vaghe e generiche. Le famiglie sono generose, ma troppo spesso non hanno i mezzi, né il tempo, né esperienza, né le conoscenze per gestire questa situazione con persone comunque bisognose di aiuto". Insomma, il rischio è quello che tutta questa accoglienza imploda, porti a disagi sociali e chi aiuta sia costretto ad abdicare. Non è quello che vogliamo per rispetto a chi fugge dalla guerra ma anche ai cittadini residenti e di buona volontà.