Boom di vendite, migliorano i percorsi per la mobilità dolce ma molto resta da fare
Sfrecciano silenziosi, senza apparente fatica. Sono i ciclisti 2.0, quelli dotati di bici elettriche: le cosiddette e-bike. Hanno restituito la voglia di pedalare a molti, che avevano messo una croce sopra le bici, almeno in una zona difficile come quella dell’agglomerato luganese. Una nuova ‘popolazione’ che cambia pian piano anche il panorama urbano di una città, Lugano, da sempre ostile alle biciclette per le sue caratteristiche: salite ripide, strade strette, traffico nervoso, poca sensibilità politica, anche se di recente sono state messe in atto diverse facilitazioni nella circolazione e una rete di bici a noleggio. Da qualche anno le cose hanno preso un’altra piega, e a fare numero in città e collina sono proprio i mezzi ibridi, a ‘pedalata assistita’.
A conferma di quanto si può facilmente osservare, il responso dei negozi, che a tratti – notizia dell’anno scorso – sono pure rimasti sprovvisti della ‘materia prima’. Massimo ‘Max’ Marca della Z-bike di Lugano: «Il nostro gruppo si occupa di mobilità elettrica da 14 anni, e negli ultimi tre anni le vendite sono raddoppiate. Adesso smerciamo circa 1’500 bici elettriche nei quattro negozi ticinesi, di cui circa la metà a Lugano. La crescita si nota nelle vendite ma anche nell’utilizzo reale delle bici che seguiamo nel post-vendita. All’inizio le bici elettriche erano mountain bike per uso sportivo, quindi su strada si vedevano poco. Negli ultimi tempi hanno avuto successo le commuting bike, tipicamente delle ‘cross’ con telaio da mountain bike ‘front’ (molleggiata davanti e rigida dietro ndr) gomme molto larghe, adattate all’uso di tutti i giorni. Poi c’è la classica city bike, quindi senza il tubo orizzontale, che permette una facilità di uso con qualsiasi abbigliamento. Sono sempre di più i giovani, il 14enne con patente o il 16enne invece del motorino vanno sulla bici». Oltre al gusto di usare un mezzo leggero e agile, secondo Max Marca vi è qualche motivazione di tipo pratico: «Io abito a Lugano da 20 anni e il traffico è cresciuto in modo importante. Con la e-bike scendono i tempi di spostamento, i problemi di posteggio. Poi sicuramente c’è stata una impennata con l’arrivo del Covid, un po’ per qualche timore nell’uso del mezzo pubblico, un po’ perché la gente non si è ritrovata a fare la classica vacanza al mare o in montagna, quindi ha investito nell’acquisto del mezzo».
Ecco, i soldi: non sono troppo care, queste bici elettriche? E quanto durano? “Il nostro range va da 1’990 franchi, già con telaistica europea o americana e motori delle tre principali marche, e arriva fino ai 15mila franchi. Una cosa molto importante è il modo in cui viene trattata. Anche solo mettere un po’ di olio sulla catena aiuta molto. Se si gestisce la batteria come si deve, per esempio prestando attenzione al fatto che d’inverno la bici non vada a scaricarsi, una batteria media dovrebbe fare 500 cicli prima di cominciare a perdere efficienza, considerando 50-60 km di autonomia significa circa 30mila chilometri. Noi quando eseguiamo una consegna cerchiamo di fare presente queste cose, ad esempio lo pneumatico da mountain bike sull’asfalto ha un consumo abbastanza importante. I motori sono ben progettati, nel corso degli anni abbiamo fatto esperienza ed eliminato alcune marche con casistiche di rotture elevate.
Anche l’ex corridore ciclista Marco Vitali, presidente di Pro Velo Ticino, si è parzialmente convertito alla bici elettrica. «Per muovermi a Lugano uso la e-bike, sicuramente il mezzo più veloce ed efficace per spostarsi in città e nei suoi dintorni. Convinzione che d’altra parte, visto il crescente successo delle bici elettriche, mi sembra sempre più diffusa. Oltre che un beneficio ecologico e per la propria salute, non dimentichiamo che la bici, occupando molto meno spazio delle automobili, può anche dare un bel sollievo alla mobilità urbana». Per favorirne l’uso resta però ancora molto da fare. «Lugano è la città peggiore in Svizzera, quella più in ritardo. Mentre altrove – e anche in grandi metropoli europee come Parigi o Milano – si intraprendono politiche coerenti e incisive in favore di un cambiamento della mobilità, a Lugano ci si limita, senza fretta, al “minimo sindacale”. Per muoversi in città, visto che la volontà politica scarseggia, ai ciclisti è quindi ancora richiesto un certo coraggio».
Negli ultimi anni, qualcosa è però stato fatto. «Certo – con il contributo decisivo Pro Velo e adottando misure pop up, quindi pensate come provvisorie – a qualche concessione siamo finalmente giunti: la percorribilità di parte delle corsie del bus, il limite dei 30 all’ora su metà del lungolago e alcune piste e corsie dedicate, nella parte est della città, rendono ora la vita a chi pedala meno angusta. Anche le strade a percorrenza limitata sono ora accessibili alle bici e gli stalli, in città, sono aumentati. A differenza di Bellinzona, Mendrisio e delle altre città svizzere non abbiamo però ancora una velostazione. Neppure le svolte a destra con semaforo rosso sono ancora state implementate. La strada da fare resta quindi parecchia: la zona 30 va, ad esempio, estesa a tutto il centro cittadino, compresi via Pioda e Viale Cattaneo; la possibilità di uscire in relativa sicurezza dal centro città va garantita in tutte le direzioni. La città deve insomma lasciare alle spalle l’impressione che la bici arrivi sempre per ultima, così come ora capita con le opere infrastrutturali: quando in queste le si concede un po’ di spazio, la bici sembra essere pensata come una sorta di ciliegina sulla torta, non come elemento integrante e strutturante della mobilità urbana».
Anche a causa di questa carenza d’infrastrutture, il considerevole aumento delle e-bike inizia però anche a creare qualche problema di convivenza, specialmente con chi va a piedi. «È vero. E questo capita specialmente nelle ciclopedonali. La non separazione, con indicazioni chiare, dei flussi rischia in effetti di creare sempre più disagi. Importante è quindi che si punti sempre più a separare pedoni e ciclisti. Intanto, il Cantone, con la collaborazione di Pro Velo e di altre associazioni, lancerà prossimamente una campagna di sensibilizzazione rivolta proprio a questi utenti della mobilità dolce». Sotto accusa c’è anche un altro nuovo mezzo di successo, il monopattino. Ancora Vitali: «Con spazi dedicati, ovvero con corsie e piste ciclabili, anche i monopattini e altri veicoli elettrici possono contribuire a dare una svolta alla mobilità urbana. Negli spazi condivisi con i pedoni si tratta però anche per loro di rallentare e di segnalare, con rispetto, il proprio arrivo. Certo, anche i pedoni sono invitati a fare la loro parte, concedendo sufficiente spazio a chi viaggia sulle ruote e non utilizzando guinzagli estensibili che rendono i movimenti del proprio cane completamente fuori controllo» aggiunge Vitali, reduce lui stesso da una rovinosa caduta dovuta proprio allo ‘sgambetto’ provocato dal guinzaglio troppo lungo di un quadrupede...