Tre anni, di cui 7 mesi da espiare, a un 53enne italiano. Al co-imputato una pena pecuniaria per aver sviato i funzionari del Registro di commercio
Una truffa compiuta e, delle due tentate, una sola è stata confermata dai giudici. Mentre il presunto complice se l'è cavata con una pena pecuniaria per aver sviato i funzionari del registro di commercio con l'obiettivo di sistemarsi in Svizzera. Si conclude così, in estrema sintesi, il processo apertosi ieri davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano per l'ormai ennesimo caso di raggiro ai danni della Confederazione nelle richieste, senza averne diritto, di crediti Covid istituiti in aiuto alle società colpite dalla pandemia.
Imputati, un 53enne italiano e un suo connazionale 46enne. Il primo, con già un precedente penale in Italia e arrestato lo scorso marzo, è stato condannato a 3 anni di carcere, di cui 7 mesi da espiare e la rimanenza posta al beneficio della sospensione condizionale per un periodo di prova di tre anni. Una pena pecuniaria di 70 aliquote con la sospensione condizionale è stata invece inflitta al co-imputato più giovane, riconosciuto colpevole di aver ingannato i funzionari del Registro di commercio, allo scopo di «piazzarsi in Svizzera». La Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta (giudici a latere, Monica Sartori-Lombardi e Luca Zorzi), ha definito «gravi dal profilo soggettivo» le responsabilità degli imputati. In particolare il 53enne «ha tradito la fiducia tra Stato e cittadino». I crediti Covid sono stati istituiti quale importante ammortizzatore sociale, il cui ammontare è limitato. E chi ha attinto a queste somme con inganno - ha sottolineato il presidente, durante la lettura della sentenza - ha privato del beneficio chi veramente ne aveva bisogno.