Luganese

Ex Macello, risposte parziali e discussioni negate

L'autogestione e la demolizione sul tavolo del Gran Consiglio. Tanti gli interventi ma poco emerge dalle interpellanze e dall'ampio dibattito

23 giugno 2021
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Provocazioni, frecciate incrociate e un certo malcelato nervosismo. C'è stato anche parecchio sarcasmo nei numerosi interventi odierni dei deputati in Gran Consiglio. Del resto, il copione è spesso il medesimo quando si parla dell'autogestione a Palazzo delle Orsoline. In un'ora e mezzo di dibattito preliminare, il Parlamento cantonale ha respinto due volte in votazione la duplice richiesta di discussione generale avanzata da Matteo Pronzini (Mps). Tutto è cominciato dall'interpellanza presentata da 'Più donne' che ha chiesto spiegazioni in merito alla controversa demolizione di un edificio dell'ex Macello di Lugano, sui timori legati alla presenza di amianto e di altre sostanze nocive, su chi sia il committente e su quale procedura edilizia sia stata adottata da parte dell'autorità per ordinare l'abbattimento.

Prima di demolire, serve la notifica alla Suva

Il presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli non ha risposto alle questioni oggetto dell'inchiesta penale coordinata dal procuratore generale Andrea Pagani coadiuvati dal procuratore capo Arturo Garzoni. Bertoli ha confermato che per qualsiasi demolizione occorre una licenza edilizia da ottenere prima di procedere. La competenza per lo smaltimento dei rifiuti, indipendentemente dalla presenza di amianto e altre sostanze nocive (che resta da accertare con il recente prelievo in profondità ordinato dal Ministero pubblico), ha proseguito il consigliere di Stato, è di competenza della Città di Lugano, proprietaria del sedime. Quale sia invece il ruolo della Suva in caso di demolizioni meccaniche è stabilito dalle norme: occorre la notifica da inoltrare due settimane prima dell'intervento. Tamara Merlo (Più donne) si attendeva qualche risposta in più, di fronte al rischio di banalizzare la questione evocando la domanda in sanatoria, per regolarizzare l'irregolarità che è parsa evidente nella procedura adottata per abbattere l'edificio dell'ex Macello.

Blocchi anti-manif, Gobbi: 'Polizia autonoma'

Altri due gli atti parlamentari, uno di Alessandro Gnesa (Lega dei ticinesi), che chiedeva lumi su controlli al confine in occasione della manifestazione del 5 giugno scorso a Lugano, l'altro di Simona Arigoni Zürcher (Mps) che contestava invece la legalità dei posti di blocco della polizia messi in atto in quell’occasione dalla Polizia cantonale per limitare l'accesso al corteo. Alla prima interpellanza, ha risposto il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi che ha ribadito come, nell’ambito dei suoi compiti legali la polizia in Ticino, sia autonoma nella pianificazione e nello svolgimento delle sue attività. Le forze dell'ordine, come prassi, svolgono analisi della situazione e dei rischi sulla base delle quali mettono in atto le misure che ritengono necessarie chiedendo la collaborazione di altri corpi di polizia. A nome del Governo, Gobbi ha respinto le critiche sull’agire illegale della polizia: «Non ci si può esimere dal contestare recisamente questa affermazione. Ognuno può avere naturalmente opinioni personali su come e con quali dispositivi ciò debba essere tutelato, ma la polizia ha agito in base al proprio mandato legale».

Bertoli: 'Ricordatevi della separazione dei poteri'

Le risposte dei due membri del governo cantonale sono parse insufficienti a Matteo Pronzini, che ha criticato il Consiglio di Stato perché si trincera dietro l'inchiesta penale in corso sui fatti dell'ex Macello senza fornire le dovute risposte. Questo crea un problema enorme agli occhi del deputato Mps, convinto che i blocchi effettuati dalla polizia per limitare l'accesso alla manifestazione del Molino a Lugano rappresentino una sospensione dello Stato di diritto. Bertoli ha tuttavia ricordato il principio democratico della separazione dei poteri che esige rispetto. Non contento, Pronzini, dopo aver puntato il dito contro Gobbi accusandolo di dire «bugie», ha chiesto una prima volta la discussione generale sostenendo la tesi secondo cui in Ticino «è in corso un processo autoritario a più livelli». La richiesta è stata tuttavia bocciata dalla maggioranza del Parlamento con 34 contrari e 21 favorevoli. Prima della votazione sulla seconda richiesta di discussione generale, c'è stato un ampio dibattito, con una ventina di interventi di deputati, talvolta conditi da toni polemici o sarcastici. Ai voti, anche la seconda richiesta è stata peraltro respinta con 52 no e 22 sì. A sostenere la discussione generale, sono perlopiù stati i rappresentanti della sinistra e il movimento Più donne. E il problema verrà rimandato a quando si voterà la mozione presentata dall'Udc.

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