Luganese

Casa rossa, storia di una tutela necessaria mai fatta

VivaGandria chiede al Municipio di Lugano il blocco dei lavori all'ex caserma doganale che, a parole, venne ritenuta bene da salvaguardare

La cosiddetta casa rossa, ex casema doganale risalente all'Ottocento
5 novembre 2020
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"Si ordini il blocco immediato dei lavori in corso e si chieda un sopralluogo dell’Ufficio beni culturali e della Commissione del Paesaggio, per chiarire la situazione". È la richiesta dell'associazione VivaGandria al Municipio di Lugano dopo aver notato il cantiere alla vecchia caserma doganale di metà Ottocento alle Cantine. Associazione che è rimasta stupita "in quanto non ci risulta sia mai stata resa nota una licenza di costruzione per quel pregevole oggetto, carico di significati simbolici e storici". Uno stupore che si è accresciuto nel frattempo perché i proprietari hanno iniziato i lavori con una licenza di costruzione rilasciata dal Municipio il 22 giugno 2016 con “procedura della notifica senza pubblicazione”, per “interventi di tipo minimalista” (su progetto dello Studio d’architettura Vaglio & Partners). Poi, il 12 ottobre 2017, è stata rilasciata una seconda licenza, con la stessa procedura, per un progetto firmato da Bruno Huber Architetti. "Una procedura perlomeno inusuale è per di più applicata a un edificio, immobile e mobili compresi, di importanza storica, architettonica e paesaggistica", sottolinea l'associazione.

È meritevole, però dopo anni... Nulla di fatto

Il bene venne riconosciuto meritevole di tutela come osservò nel dicembre 2012 l'allora direttore del Dipartimento del territorio, oggi sindaco di Lugano Marco Borradori: “Per la sua storia, l’ubicazione e l’importanza paesaggistica, essa è certamente meritevole di essere tutelata sulla base della Legge sulla protezione dei beni culturali del 13 maggio 1997. Tuttavia al momento attuale, mancando un’indagine comparativa tra edifici simili per carattere architettonico e tipologico non è ancora possibile precisare il grado di protezione applicabile (bene culturale d’interesse locale oppure d’interesse cantonale). L’Ufficio dei beni culturali approfondirà questi aspetti nell’ambito della revisione, tuttora in corso, dell’inventario dei beni culturali protetti sul piano cantonale". Ma col passare degli anni nulla è stato fatto e, sottolinea VivaGandria scandalizzata che nel 2015 scrisse all'Ufficio beni culturali senza ottenere risposta mentre la Città declinò l'invito all'acquisto per i problemi finanziari. "Un peccato! Se la Città avesse valutato meglio, rincara l'associazione, si sarebbe accorta "che i 3000 franchi che paga ogni anno a un privato per garantire un breve tratto di riva a uso pubblico e di svago sarebbero stati sufficienti (al tasso ipotecario corrente) per garantire una bella proprietà con 200 metri di riva pubblica (offerta allora a 300'000 franchi). Dulcis in fundo, VivaGandria, esaminando gli atti, ha constatato che per entrambe le licenze rilasciate manca il preavviso degli uffici cantonali, in particolare quello dell’Ufficio beni culturali. Sul tema i deputati in Gran Consiglio Raoul Ghisletta (Ps) e Nicola Schönenberger (Verdi) hanno chiesto spiegazioni al Consiglio di Stato con un'interpellanza.