Intervista a Alvaro Franchini, ex aiutante capo della cantonale e oggi maestro conducente, dopo il caso del 39enne condannato per omicidio intenzionale
Conosce bene quel caso, Alvaro Franchini, perché si «era da subito rivelato eclatante, con l'arresto del conducente al termine di un incidente gravissimo». Quel caso è la tragedia avvenuta il 10 novembre 2017, quando un cittadino italiano, dopo aver somministrato psicofarmaci e alcol, aveva compiuto una miriade di infrazioni stradali, guidando a zig zag sull'autostrada, fino a travolgere mortalmente sulla corsia di destra all'altezza dello svincolo di Sigirino uno scooterista 39enne, divenuto padre da appena una settimana. Il 13 ottobre scorso, l'autore - una prima in Ticino - è stato condannato a 10 anni di carcere e all'espulsione dalla Svizzera per omicidio intenzionale, reato per la prima volta applicato alla circolazione stradale.
Strade e autostrade sono sempre più trafficate - complice anche la pandemia, che scoraggia l'uso dei mezzi pubblici e induce sempre più conducenti a mettersi in auto o moto. Aumentano nervosismo, frustrazioni, l'aggressività di chi è alla guida. E con loro le infrazioni stradali. Alvaro Franchini, 60 anni, per 40 attivo nella polizia cantonale fino a divenirne aiutante capo, ha smesso la divisa e da qualche mese si è lanciato in una nuova sfida professionale: maestro conducente alla Scuola Guida Evoluzione a Manno, aperta con il figlio Federico, il quale si occupa dal canto suo di formazione e patenti nautiche sul lago di Lugano. Con l'ex inquirente, partendo dal recente caso giudiziario, gettiamo lo sguardo sul comportamento nel traffico, affidandoci alla lunga esperienza di chi da sempre pone la sicurezza al primo posto.
Come può il conducente disciplinato contribuire a restituire l'ordine stradale quando si fa testimone di una palese infrazione sulla strada o autostrada? «Quando si assiste a un comportamento sconsiderato bisogna intervenire: va senz'altro segnalato alla polizia. Non certo incorrendo a propria volta in una infrazione, magari scattandogli una foto con il telefonino o girando un video. Oggi, comunque, parecchi tratti di strada sono videosorvegliati, penso ad esempio alla galleria Vedeggio-Cassarate. La segnalazione ha però la sua efficacia. A distanza di tempo invece diventa tardivo, perché se si attende troppo è difficile per gli inquirenti rintracciare l'autore dell'infrazione». Nella sua esperienza ci sono stati casi in cui è stato possibile identificare l'autore delle infrazioni? «Sì. Ricordo soprattutto conducenti segnalati a circolare in modo sconsiderato in assi stradali importanti, quali il San Gottardo. Ricordo inoltre il caso, anni fa a Giubiasco, di due automobilisti che avevano creato una sorta di circuito nell'abitato rendendosi protagonisti di scorribande. Erano stati sanzionati perché avevano messo a repentaglio la vita degli utenti».
Si ha l'impressione che le strade siano sempre più sede di aggressività tra gli utenti. Non si dovrebbero in tal senso promuovere più campagne di prevenzione per ridurre il numero di incidenti? «In generale le campagne di prevenzione fini a se stesse non servono. Di solito l'autorità svolge dapprima il monitoraggio di un fenomeno, quindi imposta la campagna proponendola a più riprese, per un periodo relativamente lungo e alla fine però queste campagne devono conoscere un periodo di controlli mirati, così da sanzionare coloro che si mostrano indisciplinati».
Quali sono a sua mente le maggiori cause degli incidenti stradali? «Al primo posto c'è la disattenzione: uso di dispositivi multimediali all'interno dell'auto durante la guida, telefonino in primis; al secondo posto c'è sicuramente la velocità, in abbinamento a uno stato fisico alterato del conducente, dunque l'idoneità alla guida falsata da diversi elementi: dall'alcol ai medicamenti, alla droga, alla stanchezza, alla spossatezza»
Alvaro Franchini continua ad avere a cuore la sicurezza. Come è nata l'idea di mettersi in questa nuova sfida professionale di istruttore di guida? «È una sfida dettata dalla passione: per trent'anni all'interno della polizia stradale ho formato dai bambini dell'asilo fino a gruppi di lavoro di adulti. Per me l'aspetto della formazione è stato ed è importante. Secondo me anche gli utenti con già la patente dovrebbero dedicare ogni tanto una mezza giornata alla sicurezza. Penso ad esempio anche solo ai moderni dispositivi che si trovano sulle nuove auto, da quelli per l'assistenza alla guida ai sistemi di sicurezza. Anche perché i venditori di auto non dedicano sufficiente tempo per spiegare questi aspetti, che possono rivelarsi essenziali nell'ambito della sicurezza. Ad esempio il volante che vibra leggermente e che segnala al conducente di non aver messo la freccia prima del cambio corsia. L'auto, a livello tecnologico, è più brava e attenta del conducente, ti avverte quando stai sbagliando, con un livello costante di vigilanza».
Per migliorare la guida di cosa occorre maggiormente tener conto? «Bisogna avere una tecnica di sguardo, di osservazione legato soprattutto alla guida difensiva. Ma non c'è solo la pratica. Occorre anche conoscere la teoria, anche attraverso le App, test e quiz. Pensiamo solo alle rotonde: esistono ormai da diversi anni, eppure sono ancora in molti a non sapere come usare correttamente le frecce. E questo fa capire come ognuno s'inventi un po' troppo spesso il proprio modo di guidare». È dunque vero il detto che gli esami non finiscono mai? «Il problema è che la circolazione stradale è sempre più complessa, esige molte più competenze e, comunque, oggi più che mai, è estremamente importante conoscere i veicoli che abbiamo tra le mani».