Luganese

Disastro di Moria, 'Lugano sta a guardare?'

Interpellanza chiede alla Città di seguire l'esempio di Berna e accogliere profughi. Ziegler, che ha visitato l'isola di Lesbo: situazione disperata

Moria chiama, Lugano risponde?
(TI-PRESS)
20 settembre 2020
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"Il disastro di Moria ci ricorda che la polvere prima o poi esce da sotto il tappeto. Possiamo restar ea guardare senza far nulla?". Questo il titolo di un'interpellanza inoltrata al Municipio di Lugano da Ps, Pc e Fa, primo firmatario Carlo Zoppi, che chiede: "Seguendo l'esempio della città di Berna che ha accolto 20 profughi, non ritiene indispensabile intervenire e dichiararsi pronto come Comune ad accogliere un numero importante di persone provenienti da Moria, specialmente famiglie con bambine e bambini, giovani non accompagnati e malati? In caso di risposta negativa per quali ragioni il Comune non si ritiene pronto?". Altre due domande vengono rivolte all'Esecutivo cittadino: "Il Comune di Lugano dispone di strutture atte ad accogliere persone in fuga in caso di urgenza?". E ancora: "È disposto il lodevole Municipio a collaborare con il Cantone e la Confederazione se decidessero di accogliere un numero importante di profughi/e?". Nel testo, Ps, Pc e Fa, premettono: "A Moria sull’isola di Lesbo si trova il più grande dei centri creati dall’Unione Europea per «arginare» i movimenti migratori verso l’Europa. Nel suo libro «Lesbos, la honte de l’Europe1» Jean Ziegler, che ha visitato Lesbo nel 2019 quale vice-presidente del Comitato consultivo del Consiglio dei diritti umani dell’ONU, racconta come nel 2015 un accordo tra la Commissione europea e il Governo greco abbia creato cinque centri su isole dell’Egeo per accogliere profughi che sperano così di raggiungere il continente europeo dalla Siria, dall’Iraq e da tanti altri paesi collassati per le terribili guerre civili e dagli interventi delle potenze straniere che hanno fatto tabula rasa degli stati e delle comunità esistenti. A Moria, in un campo previsto per tremila persone, se ne trovano ammassate tredicimila, bloccate nel campo per la quarantena imposta dopo la scoperta di alcuni casi positivi al virus. L’incendio che ha distrutto il campo ha reso la situazione, già paragonata da Jean Ziegler a quella di un campo di concentramento, assolutamente disperata: i rifugiati si ritrovano senza riparo, senza acqua e non sanno come affrontare i prossimi giorni".