La testimonianza di una mamma che in passato ha vissuto un’esperienza simile a quella di Torricella-Taverne: "Sono cose che minano la serenità del bambino"
«Nessuno all'inizio ha creduto a mio figlio». Riemergono sentimenti dolorosi, dopo la notizia dell'arresto di due insegnanti di un asilo nido di Torricella-Taverne. A portarci la sua testimonianza è una mamma di un bambino che oggi ha 9 anni e che, dai tre mesi ai 3 anni, ha frequentato la struttura di Lamone Cadempino, teatro nel 2015, come il caso venuto alla luce nel finesettimana, di maltrattamenti e 'modi bruschi' sui piccoli ospiti, allora da parte di un'educatrice in seguito condannata a sei mesi di carcere, sospesi con la condizionale. «Quando leggo di questi fatti rivivo quel periodo, una ferita che fatica a rimarginarsi».
Sei anni sono trascorsi, infatti, da quando suo figlio ha lasciato quella struttura, ma per questa mamma il dolore e il senso di colpa sono vivi più che mai: «Ogni giorno mi chiedo come posso aver potuto mettere in mano Giorgio (il nome è di fantasia) a quella maestra. Non mi do pace ancora oggi e molte volte avrei voluto chiedergli scusa, anche se forse è ancora troppo giovane per capire...». Un peso sul cuore acuito dalla rabbia verso leggi che ancora, in Svizzera, non tutelano del tutto i minori.
«Nei primi mesi e anni di vita mio figlio è sempre stato tranquillo, mi sentivo una mamma fortunata – ci racconta – anche se devo ammettere che sono sempre stata restia ad affidare i miei bambini ad altri. Ho un carattere che mi porta a non fidarmi di nessuno. Per esigenze di lavoro sono stata però costretta a farlo. Pensare che la prima volta che l'ho incontrata questa maestra mi ha fatto un sorriso a trentasei denti, presentandosi devo dire molto bene. Per questo all'inizio non sospettavo di niente. Essendo poi molto piccolo, e come detto anche un po' introverso, da mio figlio non avevo riscontri diversi. Fino a quando non mi sono recata con lui nel giardino del nido per salutare l'insegnante. La reazione di mio figlio è stata di attaccarsi alla mia gamba e mettersi a urlare. Pensavo fosse solo per il fatto che non volesse stare quel giorno all'asilo. Poi però con i mesi ho cominciato a vederlo sempre più triste, arrivava fino a strapparsi i capelli... Non riuscivo a capire cosa avesse, credevo che gli pesasse il cambiamento di casa che avevamo avuto». Irrequietezza che si fa via via più intensa. Il motivo la mamma lo viene a sapere quando il bambino entra alla scuola dell'infanzia: «Un giorno chiedendogli come era andata la giornata mi confessa quanto un genitore non vorrebbe mai sentirsi dire. 'Sai che la maestra mi ha picchiato?'. Io gli rispondo 'quale maestra?'. E lui 'quella dell'asilo di quando ero piccolo!'. Può immaginare la mia reazione, sono rimasta pietrificata».
Per questa mamma il clima di serenità guadagnato nella sua famiglia si rompe improvvisamente: «Sono subito andata dalla direttrice dell'ex asilo riportandole quanto Giorgio mi aveva detto. 'I bambini spesso dicono bugie' mi sento rispondere, mentre mio figlio mi parlava di spinte e calci. Di lì a poco abbiamo saputo che la maestra era stata arrestata!». Consolazione amara, quando a monte vi sono giustificazioni poco credibili e il bambino continua a essere poco considerato nelle sue parole: «Da diversi anni mio figlio è seguito da una psicologa. Da lei ho avuto conferma, attraverso una terapia effettuata con il gioco, che Giorgio ha subìto qualcosa... Atti, dunque, quelli di un'educatrice che avrebbe invece dovuto mostrare cura e dedizione, che portano serie conseguenze psichiche, tanto che ancora oggi Giorgio ha difficoltà di apprendimento a scuola. Senza contare i costi che dobbiamo supportare come famiglia per queste terapie».
Argomenti delicati che, purtroppo, sembrano ancora essere tabù, non solo nella cerchia dei genitori i cui figli frequentavano lo stesso nido: «Non ho mancato di parlarne con loro. Molti non ci potevano credere se non all'avvenuto arresto. Eppure alcuni fra di loro avevano già notato segni sui propri bambini riconducibili, per esempio, a degli schiaffi». Giorgio non sembra, purtroppo, aver superato quel trauma: «È un bambino molto sensibile. Quando avverte nervosismo in me o in mio marito, magari dovuto a preoccupazioni per il lavoro, ci chiede di non essere arrabbiati, lo vedi che si agita, quasi spaventato. Per questo come genitori dobbiamo stare ancora più attenti nelle nostre parole e nei nostri comportamenti. Come mamma devo spesso rassicurarlo, infondergli fiducia nei nuovi insegnanti. In classe, infatti, mostra paura nell'alzare la mano, non osa chiedere spiegazioni se non ha capito qualcosa. Con il maestro o la maestra è sempre diffidente, paradossalmente non lo è e non ha queste reazioni con un estraneo».
Una mamma che fatica a comprendere e a giustificare queste vere e proprie violenze: «Mi ripeto spesso 'mi dispiace non volevo farti questo figlio mio'. Per me è una continua pena... eppure non sono io che ho sbagliato! È stata un'esperienza che non riesco a dimenticare. L'anno scorso ho preso di petto anche la colpevole di tutto ciò. Le ho detto che mi faceva pena, lei ha pianto. Posso dire di averla perdonata, di averla per così dire 'lasciata andare' ma soprattutto per il mio bene, perché la mia vita era triste, piena di sofferenza. Forse così mi sono tolta un peso... ma continua a essere difficile. Le ho chiesto cosa aveva fatto a mio figlio. Lei non mi ha risposto, ma per me è già una risposta... Con questa mia testimonianza voglio essere di incoraggiamento per le mamme che vivono queste terribili situazioni. Le violenze te le porti dentro tutta la vita, spero con questo che altri bambini si salvino da insegnanti trasformatisi in mostri in carne ed ossa».