Crisi Covid, la Diocesi sta trattando per ridurre le pigioni. Ma, in attesa della modifica di legge a Berna, l'Associazione inquilini ammonisce: 'È poco'
Affitti giù del 20% per gli spazi commerciali. L'amministrazione diocesana sta trattando con i propri inquilini una riduzione delle pigioni per far fronte alla crisi dovuta alla pandemia del Covid-19, che ha toccato pesantemente soprattutto determinate categorie, fra le quali i negozianti. Un ribasso che varrebbe per i mesi di chiusura forzata delle attività, il lockdown in sostanza, e quindi retroattivamente. La questione è di estrema attualità: se a livello cantonale un quadro legale manca, a Berna una modifica di legge che – qualora venisse approvata – regolamenterà un ambito di diritto privato è attesa entro l'anno. Tornando a Lugano, la proposta della Curia avrebbe finora trovato l'approvazione di diversi inquilini, ma qualche voce critica non manca.
Fra i primi proprietari a muoversi, il 16 luglio scorso, la Città. Le pigioni di marzo, aprile e maggio – dopo un'iniziale sospensione decisa a inizio pandemia – non sono state riscosse, mentre gli affitti della seconda parte dell'anno sono stati ridotti del 30%. Presentando le misure, Borradori si è appellato ai privati, chiedendo di seguire la linea dell'ente pubblico. E tra i privati, il quadro è va da sé estremamente composito. Alcuni hanno seguito le orme della Città, altri si sono spinti ancor più in là con concessioni persino più favorevoli. Altri infine, proprietari anche molto benestanti, non hanno invece accordato alcuno sconto. La Diocesi, un proprietario per sua natura sui generis, s'inserisce ora nel solco tracciato dal Municipio.
Gli spazi commerciali della Curia in città sono prevalentemente concentrati in due aree: nel Quartiere Maghetti e nel centro storico, tra via Cattedrale e salita Chiattone. In totale, una sessantina di esercizi. «Sì, da alcuni giorni stiamo facendo questa proposta ai nostri inquilini – ci conferma il responsabile delle Amministrazioni diocesane, Riccardo Caruso –, per far fronte alle loro difficoltà». Parlando di soldi, in un periodo delicato e di crisi, i timori sono comunque tanti e giustificati. E così, alcuni commercianti da noi sentiti hanno espresso preoccupazione per la proposta diocesana. In particolare, perché a Berna è in consultazione una modifica di legge – a fine ottobre è in agenda in una sessione straordinaria del Consiglio nazionale, mentre agli Stati se ne parlerà a dicembre –, che qualora passasse dovrebbe assicurare agli inquilini riduzioni ben più sostanziose: del 60%. «Se la legge verrà approvata, chiaramente la rispetteremo – rassicura Caruso –, ci mancherebbe altro». Ma fra i commercianti c'è chi vorrebbe che questa disponibilità appaia nero su bianco. «Non nascondo che ci sono un paio di inquilini coi quali ci sono delle difficoltà. Posso anche capirli: in una situazione di crisi c'è chi può essere stressato, se non esasperato. Ma firmare non è obbligatorio: sono solo delle proposte. E la stragrande maggioranza dei contattati finora ne è stata contenta».
Caruso sottolinea inoltre che questo non è l'unico passo intrapreso sin qui dalla Diocesi a favore degli inquilini commerciali. Da aprile è stata infatti sospesa la riscossione delle pigioni per il periodo di chiusura delle attività. «Rappresento delle proprietà particolari: non c'è mai stata una volta che non si sia cercato di andare incontro alle esigenze degli inquilini. Il settore immobiliare, per la Diocesi di Lugano, è la fonte principale di entrate per la gestione dell’attività corrente. Ciononostante, essa ha sempre garantito, da anni, delle pigioni moderate a vantaggio dei propri inquilini. Tuttavia, la crisi generale del settore immobiliare tocca anche noi, e i locali sfitti non mancano. La Diocesi conosce la situazione attuale ma non può sapere cosa le riserverà il futuro. Per questo motivo essa deve agire con prudenza a 360 gradi». «Non dimentichiamo poi che il Covid ha colpito tutti, anche i proprietari di immobili. Dalle banche non abbiamo ricevuto sconti. Magari in Ticino avessero fatto una legge come a Ginevra ad esempio, che prevede anche un contributo cantonale per i proprietari».
Diversi cantoni romandi e Basilea Città hanno infatti introdotto una soluzione cosiddetta tripartita: un terzo circa degli affitti a carico degli inquilini, un terzo a carico dei proprietari e un terzo a carico dello Stato. Il dibattito alle Camere federali sul tema è molto acceso e una soluzione di questo tipo sembrerebbe al momento esclusa. Il Centro-Sinistra, e le associazioni di categoria come l'Associazione svizzera degli inquilini (Asi) e Gastrosuisse, premono in una direzione. Aspra invece è l'opposizione del Centro-Destra. «Abbiamo raggiunto a fatica questo compromesso del 40-60% per i due mesi di lockdown, ma il dibattito resta molto aperto – ricorda Carlo Sommaruga, presidente dell'Asi –. Un 20% comunque non è sufficiente. Qualora il parlamento rifiutasse la modifica di legge, resterà comunque sempre valido il Codice delle obbligazioni, che dice chiaramente in caso di un difetto immateriale e nell'impossibilità di poter utilizzare gli spazi, gli inquilini possono richiedere e ottenere una riduzione totale della pigione».