Luganese

'Dobbiamo dare prospettiva alla nostra estate e alla società'

Con l'avvicinarsi di giugno il nodo colonie approda a Berna chiamata a decidere, in tempi di coronavirus, sui centri diurni e residenziali per bambini e ragazzi.

Bambini estate Ti-Press
4 maggio 2020
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C'è tutta un'estate che ci aspetta, tanto vicina quanto lontana in certezze. L'emergenza sanitaria ha, infatti, narcotizzato le nostre vite, ci ha rinchiusi nelle nostre case, imponendoci, laddove possibile, smart working e lezioni online per i nostri figli. Un contesto familiare che ha saputo fortunatamente reggere ma che si è sentito orfano del suo prezioso elemento sociale, il contatto con l'altro. Ecco che l'avvicinarsi dei mesi dedicati solitamente alle vacanze ci portano a considerare un ritorno alla normalità più che mai necessario, non solo per noi adulti, ma soprattutto per bambini e ragazzi. Parte, dunque, da questa considerazione il nostro incontro con Paolo Bernasconi, segretario generale di Cemea Ticino, i centri di esercitazione ai metodi dell'educazione attiva che, nati nel 1970, svolgono la loro azione (prevalentemente sotto forma di volontariato) dedicandosi al personale educativo delle colonie di vacanza e di centri d’animazione; alle educatrici ed educatori dei nidi e dei centri della prima infanzia nonché dei centri extrascolastici; alle famiglie diurne. Cinquant'anni nei quali sono state formate circa 12'000 persone.

«Dobbiamo dare prospettiva alla nostra estate e alla società – è il motto iniziale della nostra intervista con Paolo Bernasconi –, forza e coraggio e alle colonie dico di tener duro. Come Cemea sono settimane che siamo in contatto con il Cantone a cui compete il compito di dettare le modalità di ripartenza e a breve vi saranno altri incontri perché il momento per decidere è arrivato. Gli enti coinvolti nell'organizzazione di colonie estive hanno bisogno di risposte. Mi verrebbe quindi da dire di crederci e di portare avanti l'idea di far colonia perché ad oggi non c'è alcun divieto». Una scarica di ottimismo comprovata dal fatto che qualcosa si muove? «Confrontandomi con gli organizzatori posso dire che alcune colonie per adolescenti sono già piene, altri gruppi fanno più fatica, ma ora, con la ripartenza fissata delle scuole, si comincia a intravvedere un 'futuro' e qualche iscrizione in più arriva, non a fiumi ma arrivano. Al momento peraltro l'opuscolo 'Infovacanze' non è ancora stato reso pubblico, quando lo sarà ci sarà probabilmente un'impennata, è quello che solitamente dà il la». 

Qual è il principale valore di una colonia per un bambino o un adolescente? «Se la famiglia deve restare il punto di riferimento – ci risponde Bernasconi – per poter comunque identificarsi nella stessa è necessario uscire così da 'mettersi in gioco', per poi tornare a casa, nel proprio luogo protetto. I bambini si cercano, hanno bisogno di un contatto reciproco, è una loro necessità quella di giocare, tutte componenti della loro crescita. Quello che emerge nelle colonie è che il bambino ha la possibilità di confrontarsi con se stesso e con gli altri. Deve imparare ad organizzarsi per fare la doccia così come condividere la camera e relazionarsi con un coetaneo». Con lui il monitore che si carica di variegati ruoli: «Dall'attenzione che deve dedicare ai bisogni del bambino, alle responsabilità anche giuridiche, dalle competenze che deve dimostrare di avere, come conoscere giochi, canti, attività manuali. Il saper accogliere, ascoltare, condividere. L'assunzione cioè di una serie di ruoli in un territorio vasto, perché se a scuola c'è un banco in colonia c'è molto di più – evidenzia le differenze di esperienza il segretario Cemea –. La colonia è una comunità dove è molto forte il sentimento di appartenenza. È una collettività giovane, fresca e rispetto alla scuola non ha una valutazione, si sta assieme per stare assieme, non si vince un campionato e anche quello meno bravo può fare gol. Le colonie aiutano a crescere, a diventare adulti consapevoli e cittadini attivi. Si scoprono spesso cose nuove, si possono fare anche servizi alla comunità, si ritorna magari a vedere situazioni già incontrare nell'ambito scolastico ma con tempi diversi».

Il coronavirus ci ha isolati, costretti nelle quattro mura di casa, quando fino a due mesi fa il tempo condiviso fra genitori e figli non era basato su un importante numero di ore ma soprattutto sulla qualità. Oggi, da un momento all'altro, la prospettiva si è ribaltata, da entrambi i punti di vista, quello della mamma e del papà e quello dei figli, e sincronizzare il tutto non è stato facile. La colonia estiva può diventare così un elemento di bilanciamento nel ritrovare, in particolar modo per i bambini e i ragazzi, il loro elemento sociale, l'amico o il compagno che non si è potuto incontrare per settimane: «Ai genitori dico di crederci e pur con qualche dubbio è bene, se si ha intenzione, cominciare ad iscriverli. Le colonie stanno già lavorando e in diverse famiglie chiedono informazioni. Starà comunque ai politici e a tecnici ora pensare alla loro realizzazione. Sono, infatti, diverse migliaia i bambini che ogni anno sono coinvolti, un numero importante soprattutto nella preziosa opera di conciliare tempo-lavoro e tempo-famiglia. Certo non nascondo che si possa correre un rischio ma d'altra parte bisogna ricominciare a vivere! E le colonie sono un buon modo per tornare ad apprezzare il desiderio di socializzazione che non può non essere soddisfatto per lungo tempo. Colonia, quindi, quale luogo di socialità. E per bambini, ma anche spesso per i monitori, di sano divertimento, di momenti speciali, anche sotto l'aspetto educativo e pedagogico, che rimarranno nei migliori ricordi della vita». 

Cosa attendersi a questo punto dal futuro? Lo abbiamo chiesto a Marco Galli, capo dell'Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani: «Come cantone abbiamo scritto all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali sottoponendo la questione della praticabilità o meno delle colonie diurne e residenziali. Abbiamo anche coinvolto i cantoni romandi per conoscere le loro intenzioni. I tempi di risposta di Berna? Non sarà evidente avere una risposta prima del 27 maggio, data in cui verranno annunciati gli allentamenti previsti a partire dall'8 giugno, riguardanti in particolare diverse attività socio-culturali o del tempo libero. Solo allora potremo capire se si potranno svolgere attività con più persone, come le colonie. Se e a quali condizioni lo dirà la Confederazione e starà poi a noi tradurle in buone pratiche. Al fine di non farci cogliere impreparati, in base ai vari scenari che si delineeranno, stiamo elaborando, d'intesa con l'Ufficio del medico cantonale, delle linee guida per fornire, qualora fosse possibile partire, delle indicazioni dal profilo sanitario e organizzativo. Penso per esempio ai numeri di partecipanti, ma anche alla distanza sociale, a pratiche d'igiene e al dare la priorità a famiglie con la necessità di conciliare lavoro e famiglia. Posso anticipare che alcuni enti hanno già deciso di annullare alcune colonie integrate, vista la particolare vulnerabilità dell'utenza, e colonie all'estero. Mentre non ci risultano cantoni ad oggi che abbiano già deciso di cancellare questo tipo di attività. Tutti siamo in attesa, direi attiva, delle indicazioni della Confederazione. Quello che abbiamo già raccomandato agli enti è che se vi fossero iscrizioni e la colonia non si potesse tenere di rimborsare alle famiglie le caparre, così come considerino i proprietari di immobili. La nostra speranza è che, seppur a condizioni diverse, le colonie possano avere luogo nell'interesse dei bambini del nostro cantone. Appena avremo la risposta definitiva da Berna informeremo enti e popolazione».

 

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