A processo un 30enne accusato di aver spacciato 1,9 chili di droga, ma lui nega tutto: 'Accusato per vendetta, perché è finita la nostra relazione'
Nega, nega tutto. È indiziario il processo in corso alle Assise criminali di Lugano a carico di un 30enne serbo. Il procuratore pubblico Roberto Ruggeri lo accusa di aver spacciato circa 1,9 chili di cocaina a consumatori locali, residenti come l’imputato nel Luganese.
«Io non c’entro niente con la droga. L’unico motivo per il quale sono stato tirato in ballo è perché è finita la nostra relazione», si è giustificato l’uomo in aula, riferendosi all’accusatrice principale: una 43enne italiana coinvolta nel giro di droga e già condannata il dicembre scorso col suo compagno (un 31enne svizzero). Fra i due ci sarebbe stata una relazione extraconiugale, terminata male. Dopo il litigio, la presunta vendetta: la donna avrebbe dichiarato agli inquirenti che l’ingente cocaina che lei, il compagno e un’amica hanno consumato - e in parte rivenduto - sarebbe stata fornita dal 30enne oggi a processo.
All’avvio del processo l’avvocato difensore Nadir Guglielmoni ha fatto una serie di istanze, principalmente respinte però dalla Corte presieduta da Marco Villa. In particolare, è ritenuta ininfluente la richiesta di sentire la madre dell’imputato, che avrebbe potuto testimoniare che nel Paese d’origine del 30enne non sarebbe stata rinvenuta dagli inquirenti della droga né nell’auto né nell’abitazione. "Gli accertamenti sono irrilevanti – ha detto il giudice –, ci sarebbe stato tutto il tempo per ripulire la macchina e la casa".
Nel pomeriggio sono attese la requisitoria e l’arringa.