Processo alle Correzionali di Lugano: il legale reincaricato dall'imputata dopo la sospensione del dibattimento. Reati ammessi
Si era presentata stamane in aula senza avvocato, al quale aveva tolto l'incarico ieri sera, alla vigilia del processo. Ma poi, dopo che il giudice ha sospeso il dibattimento accordando all'imputata il termine del 4 febbraio per trovare un nuovo legale, la donna è tornata a miti consigli e ha di nuovo reincaricato lo stesso avvocato. Così nel pomeriggio il processo ha potuto aver luogo e giungere a sentenza. Imputata, una 64enne belga residente in Francia, condannata a 12 mesi di detenzione posti al beneficio della sospensione condizionale per un periodo di prova di due anni. Il giudice Marco Villa, presidente della Corte delle assise correzionali, ha omologato le richieste congiunte della pubblica accusa, rappresentata dal pp Andrea Maria Balerna e della difesa, rappresentata dall'avvocato Giovanni Molo.
Protagonista, una intermediaria belga di 64 anni, residente in Francia. La donna, accusata di una truffa avvenuta tra il luglio e il settembre 2016 a Lugano nell'ambito dell'arte, ha ammesso ogni sua responsabilità. La donna ha segnatamente confermato di aver ingannato con astuzia il titolare neworkese di una società parigina attiva nel mercato dell'arte, inducendolo a versare all'imputata un anticipo - la prima volta di 85 mila euro e la seconda di 93 mila dollari - millantando di vendergli due opere del celebre pittore francese post-impressionista, Paul Cézanne, segnatamente "La Montagne Sainte-Victoire vue des Lauves”, olio su tela risalente al 1902-1906 e "La Citerne dans le parc du Château Noir” del periodo cubista realizzato nel 1900. La truffa è riuscita, tuttavia la vittima a fine settembre 2016 ha scoperto che la donna non aveva nessun incarico per vendere i dipinti, come invece aveva lasciato credere e ha così sporto denuncia dando l'avvio alle indagini che ora sono sfociate a un verdetto di condanna. La 64enne è stata riconosciuta colpevole anche dei reati di ripetuta falsità in documenti e di riciclaggio per aver vanificato l'accertamento dell'origine, il ritrovamento e la confisca dei valori patrimoniali provenienti dalla truffa. La donna è stata inoltre condannata a una multa di 5 mila franchi e a risarcire l'accusatore privato.