Luganese

Epatite C al Civico, una ricusa ‘tirata per i capelli’

L’avvocato Bervini non condivide la sentenza della Carp nei confronti del giudice Siro Quadri. Il pp Moreno Capella non esclude un ricorso al Tribunale federale

Il giudice Siro Quadri (Ti-Press)
24 ottobre 2019
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Una ricusa, quella nei confronti del giudice Siro Quadri «tirata per i capelli». Rossano Bervini, legale che rappresenta gli accusatori privati (non ancora risarciti) non condivide la conclusione a cui è giunta la Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello (Carp). A meno di un ricorso al Tribunale federale, il presidente della Pretura Penale Marco Kraushaar dovrà assegnare l’incarto a un altro giudice in vista di nuovo dibattimento. L’unico che può eventualmente presentarlo è il procuratore pubblico Moreno Capella il quale, interpellato da ‘laRegione’, si limita a non esclude questa possibilità.

La ricusa (cfr. ‘laRegione’ di lunedì 21 ottobre) riguarda il giudice che il 21 luglio scorso ha condannato l’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) a una multa di 60’000 franchi per la vicenda del contagio da epatite C avvenuto all’ospedale Civico di Lugano nel dicembre 2013. Allora, quattro pazienti erano stati infettati durante i preparativi per una Tac. L’avvocato Bervini, lamenta «un atteggiamento aggressivo della controparte nei confronti di un giudice che a noi è apparso oggettivo. Non comprendiamo i motivi della ricusazione di Quadri, il quale nel rinvio dell’atto d’accusa all’allora procuratore generale John Noseda si è limitato a indicare oggettivamente l’incongruenza fra il dispositivo della sentenza di condanna e la motivazione della sua sentenza». La Carp scrive però che Quadri è “andato oltre il contenuto della sentenza e le indicazioni vincolanti della Corte”… «affermare che è prevenuto perché ha indicato al procuratore di tener conto della legge cantonale sanitaria nell’atto d’accusa è incomprensibile – dice Bervini –. Se occorre fare una modifica dell’atto d’accusa nel diritto, non dei fatti, il giudice ha la facoltà di procedere in tal senso».

E le cartelle sanitarie? Il legale chiede lumi al Medico cantonale e al Dss

«Mi pare invece che il giudice Quadri sia l’unico che abbia visto correttamente dove risiedeva il problema, ossia la violazione della legge sanitaria – osserva Bervini che, ricordiamo, quando era consigliere di Stato firmò l’entrata in vigore della legge il 1° luglio del 1989 –. Una legge che impone, fra l’altro, il diritto dei pazienti di conoscere le generalità dell’operatore sanitario che lo tratta». E ora, nei panni dell’avvocato, ha scritto una lettera al Medico cantonale e al Dipartimento della sanità e della socialità (Dss) chiedendo se è stata avviata una procedura contravvenzionale «siccome non è stato rispettato all’interno dell’Ente ospedaliero l’obbligo di redigere cartelle sanitarie che indichino le generalità dell’operatore». Sì, perché la violazione, secondo Bervini, «è stata accertata e comporterebbe il dovere di prendere provvedimenti, di fornire informazioni e direttive affinché non succeda più un caso come quello capitato al Civico». In altre parole, come deve essere tenuta una cartella sanitaria in una struttura dell’Eoc? Finora nessuno si è espresso in merito, nemmeno la Commissione sanitaria, continua l’avvocato: «Sembrerebbe che la questione sia passata sotto traccia anche se è emersa nel corso dell’inchiesta e durante i dibattimenti in aula penale. Eppure, prosegue Bervini, «bisogna poter monitorare le identità di tutti quelli che all’interno di una struttura eseguono determinati atti. Il quesito fondamentale del procedimento penale a carico dell’Eoc risiede proprio in questo aspetto. Dovrebbe essere finalmente chiarito se era o non era un obbligo. In questa maniera, si sarebbe potuta stabilire l’eventuale colpevolezza dell’Eoc».

Di sicuro c’è che i tempi del processo si allungano e abbiamo ancora a che fare con un sistema incapace di prendere una decisione. Come se il contagio non fosse mai avvenuto. Però, nessuno se ne vuole assumere la responsabilità, mentre ci sono delle vittime che hanno subito un danno e che non sono nemmeno state (ancora) risarcite.