La difesa ha chiesto il proscioglimento completo per il 54enne accusato di aver abusato delle pazienti, appellandosi alla presunzione d'innocenza
«In alcuni casi è stato inopportuno, esagerato, avrebbe dovuto mantenere le distanze. Ma non ha sfruttato il rapporto di dipendenza con le pazienti per fini sessuali». È stata lunga e articolata l'arringa dell'avvocato Niccolò Giovanettina che – prestando la massima attenzione a non ferire la sensibilità delle otto donne coinvolte – ha utilizzato tutti gli strumenti in proprio possesso per chiedere l'assoluzione completa dello psichiatra accusato di abusi sessuali nei confronti di alcune sue ex pazienti.
Fondamentalmente, la difesa ha diviso in due gruppi le presunte vittime. Quelle con le quali ci sarebbero stati dei toccamenti e le due donne – la trentenne e la 48enne – con le quali ci sarebbero stati dei rapporti sessuali orali o completi. Per quanto riguarda le prime, il legale ha sottolineato che sarebbero stati dei semplici atti medici: «Sono stati effettuati dei controlli per motivi ben chiari, legati a necessità mediche. È falso dire (come sostenuto dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli, ndr) che siano stati atti sessuali mascherati da controlli medici: il mio assistito è laureato in medicina ed è regolarmente autorizzato a effettuare questi accertamenti». Giovanettina ha aggiunto che la metodologia di lavoro dell'imputato – per determinati versi pionieristica in Ticino – non sarebbe stata recepita correttamente dalla pubblica accusa e che la maggior parte dei suoi numerosi pazienti sarebbe in realtà stata contenta dell'uomo.
Ancor più delicato il discorso relativo alle due donne con le quali ci sono stati dei rapporti, per altro ammessi dall'accusato. Si tratta della trentenne già protagonista di altri casi di cronaca (cfr. articoli suggeriti) e della 48enne che aveva in cura da molti anni. «Ha sbagliato perché non ha saputo dire di no, è stato inopportuno e deontologicamente ha commesso degli errori anche gravi – ha detto l'avvocato –, ma questo non configura necessariamente un reato. Non ci sono gli elementi per pensare che ci sia stato lo sfruttamento della dipendenza delle donne nei confronti del medico». Secondo la difesa, in entrambi i casi l'iniziativa sarebbe stata delle donne e che i rapporti sarebbero stati una loro libera scelta. Dichiarazioni che hanno portato alla secca replica della pp: «È pacifico pensare che quanto fatto è successo perché c'era un rapporto di dipendenza, se non fosse stato così avrei ipotizzato il reato di coazione».
Giovanettina ha poi sottolineato che anche le presunte vittime, come l'imputato stesso, abbiano manifestato in fase d'inchiesta dubbi e ripensamenti. «Non è vero che non si è assunto alcuna responsabilità – ha detto infine il legale –: quella giuridica no, ma quella personale sì». Lo psichiatra accetta infatti la richiesta per il torto morale, ma solo della trentenne.
La sentenza è attesa domani nel tardo pomeriggio.