Luganese

‘La mia vita da madre cieca… Non sono una super eroe’

Corinne Bianchi potrebbe sembrare diversa dalle altre persone ma ci racconta che la differenza vera sta solo negli occhi di chi la guarda.

4 ottobre 2019
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Corinne ha perso la vista nei primissimi giorni di vita a causa di un glaucoma congenito. La sua vita è stata quindi condizionata da questo handicap che malgrado le grosse difficoltà non le ha certo impedito di avere una vita piena, una carriera e una famiglia. Si è infatti laureata in storia e giornalismo all’Università di Friburgo, ha svolto poi una riqualifica professionale come terapista complementare e massaggiatrice, dal 2013 al 2017 è stata presidente della Unitas – Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana – e attualmente lavora per la testata online “L’Osservatore”. Collabora con il personale della Unitas anche per mettere a punto numerose giornate di sensibilizzazione sul tema della cecità e dell’ipovisione nelle scuole, nei musei e negli enti che ne fanno richiesta, fa la cameriera durante le cene al buio che si svolgono al ristorante Moscacieca (www.moscacieca.ch) a Casa Andreina, e su richiesta è anche docente di Braille.

Corinne è partita con un handicap che le ha reso la vita più complessa, ma come tutti aveva desideri e sogni che è riuscita a realizzare grazie alla sua costanza e determinazione. Tra questi anche quello di essere mamma. Ed è proprio per questa ragione che l’abbiamo interpellata, spinti dalla curiosità di sapere come se la cava una mamma cieca nell’organizzazione della vita quotidiana della sua bambina di 11 anni.

Matilde quest’anno ha iniziato il primo anno di scuole medie. Come è andato l’inizio di questa nuova avventura?

Bene, direi che le preoccupazioni iniziali si sono dissolte già nei primi giorni di scuola. Torna a casa molto stanca ma felice.

Ora che ha undici anni va a scuola da sola?

Sì, le scuole sono a Balerna, quindi deve alzarsi presto per prepararsi, fare colazione e poi uscire di casa per raggiungere la fermata del bus. Matilde ha iniziato ad andare a scuola da sola già dalla seconda elementare. Tutto sommato penso che questo faccia parte dell’avere un genitore con un handicap.

Come faceva a comunicare con te quando non era ancora in grado di esprimersi?

I figli intuiscono che con la mamma e con il papà devono comportarsi in modo diverso. Matilde, per esempio, ha iniziato presto a parlare, anche se con parole comprensibili solo a noi. Ha anche capito ben presto che esprimersi a gesti quando voleva comunicare con me non scaturiva le reazioni desiderate. Attorno ai due anni poi gli spostamenti in casa erano sempre segnalati: ‘mamma vado in salotto’, ‘mamma salgo in camera’ eccetera.
Non è mai successo che in qualche modo lei approfittasse della situazione per combinare qualche marachella?
(ride) I rumori sono fondamentali. Impari a capire che cosa sta facendo una persona dal suono che viene prodotto dai suoi movimenti. Il cervello delle persone cieche già dalla nascita si sviluppa in modo diverso da quello dei vedenti. Per un cieco i suoni producono vere e proprie immagini nella mente. Non credo sia il caso di mitizzare e tirare in ballo il sesto senso dei ciechi, ma quando sentivo il rumore leggero e quasi impercettibile del tappo del barattolo dello zucchero muoversi verso l’alto, subito asserivo ‘Mati non si mangia lo zucchero!’. Mia figlia a volte si chiedeva come facessi ad accorgermi delle sue piccole bravate e io scherzando le dicevo che aveva una mamma streghetta, una mamma magica.

Matilde ora è una signorina indipendente, ma come ti organizzavi quando era più piccola?

Quando Matilde era più piccola non mi fidavo ad uscire da sola. Avevo paura del traffico, del fatto che lei potesse lasciarmi la mano e scappare in strada. Il ruolo della mia famiglia è quindi stato rilevante per crescerla. Mio marito, i miei genitori, i suoceri, ma anche le mie amiche erano e sono tuttora molto presenti e in questo modo si sono instaurati profondi legami di affetto e di amicizia.

Come ti organizzavi quando dovevi portarla alla scuola dell’infanzia?

Ha iniziato frequentando un preasilo che prevedeva anche la presenza dei genitori e questo mi ha dato la possibilità di ampliare la mia rete di conoscenze. Si è creata così una bella catena di auto aiuto per cui non era raro che Matilde ed io venissimo accompagnate a casa da altre mamme conosciute al preasilo. Questo ovviamente mi permetteva di dipendere meno dai miei famigliari.

Come vive la tua situazione Matilde? Ne avete mai parlato?

Mati è sempre stata molto responsabile nei miei confronti, anche troppo a volte. Ora è lei ad aiutare me e riusciamo a fare diverse cose assieme, come gite in montagna, viaggi in treno ecc. Ora ci “curiamo” a vicenda. Comunque non sono io a dipendere da lei. Sono sempre la sua mamma, lei si fida di me e durante il percorso c’è sempre una collaborazione. Spesso mi fa delle domande e chiede delle conferme sul tragitto, piuttosto che sugli orari. Per il momento non vede la mia condizione come un peso.

E i suoi compagni di scuola? L’hanno fatta sentire in un qualche modo ‘diversa’ per il fatto di avere una mamma cieca?

Quando frequentava la terza elementare c’è stato un episodio in cui, al rientro da scuola, mi ha detto: ‘mamma io sono stufa di dover continuamente rispondere alle domande dei miei compagni: come fa tua mamma a salire le scale, come fa a cucinare’ e così via. Quindi a seguito di questa sua lamentela ho deciso di andare nella sua classe per spiegare meglio ai bambini cosa vuol dire essere ciechi o ipovedenti. Vedremo ora come andrà alle medie. In ogni caso penso che al giorno d’oggi le scuole sono sempre più attente ad affrontare discorsi legati alle disabilità.
Quindi se dovessero chiederti che difficoltà hai incontrato nel crescere tua figlia, cosa risponderesti?
Risponderei che affronto la vita giorno per giorno e quando si presentano dei problemi cerco di trovare le strategie migliori. Le difficoltà che ho incontrato e che incontro io sono le stesse di una mamma che ha la fortuna di vedere i suoi figli: penso a quando Matilde da piccola ha iniziato a scatenarsi sul fasciatoio rischiando di cadere, beh, credo sia una situazione a rischio per qualsiasi mamma, vedente o meno.

Quali sono le tue strategie?

Dipende. Nel caso che ho descritto sopra la soluzione è stata quella di cambiare la bambina sul letto matrimoniale o per terra, come fanno tutti, del resto. Per iniziare lo svezzamento ci si organizzava a turni con amiche e parenti per darle la pappa e inizialmente, come ho già detto, contattavo amici e parenti disposti ad accompagnarla alla scuola dell’infanzia e al primo anno di elementari. Ma quante nonne e nonni fanno lo stesso per i loro nipotini? Moltissimi.

E per i compiti come fate?

Quando Matilde porta dei compiti a casa non sono certo io ad aiutarla a disegnare dei triangoli equilateri perfetti, non posso risolvere con lei problemi di geometria, ma a questo ci pensa il papà. Noi due però leggiamo ad alta voce i compiti di italiano, di storia, di geografia o di scienze e assieme proviamo a risolverli.
In conclusione direi che questo handicap mi ha resa dipendente dagli altri per tanti aspetti del mio quotidiano, ma allo stesso tempo mi ha consentito di creare rapporti speciali con le persone, amicizie che dagli anni in cui Matilde frequentava l’asilo si sono rafforzate sempre di più.

Come percepiscono la società e la popolazione ‘normale’ le persone cieche? E quali margini di miglioramento ci potrebbero essere?

Le persone cieche spesso sono viste con qualità attribuite ai super eroi solo perché svolgono una professione o hanno una famiglia. In realtà Corinne Bianchi è una madre con tutta una serie di pregi e di difetti come tutte le altre, solo che in più lei non ci vede. La sua disabilità deve piuttosto essere interiorizzata da chi le sta accanto e non deve essere vista come un ostacolo a una vita normale. Sulla cecità così come per altri tipi di disabilità vigono purtroppo ancora degli stereotipi negativi che possono essere vinti solamente parlandone e sensibilizzando l’opinione pubblica.