A processo per traffico di cocaina, furto e detenzione di armi vietate. Oggi la sentenza dell'inchiesta avviato dai fatti di Gordola e via Odelscalchi
Un’inchiesta quella approdata, davanti alle Assise correzionali, che ha preso avvio dai fatti della Rotonda di Gordola dell’aprile 2017, quando colui, poi condannato per omicidio, vuotò il sacco e, accusato anche di spaccio di cocaina, fece i nomi non solo degli acquirenti ma anche dei fornitori, ovvero, fra gli altri, dei due imputati comparsi ieri in aula: un 32enne albanese, residente a Valmorea, e un 27enne ticinese, domiciliato a Lugano, con origini anch’esso dell’Est europeo.
Un filone, quindi, che prende posto in un più ampio e importante giro di traffici di droga, prostituzione, porto d’armi, entrate illegali in Svizzera e violenti regolamenti di conti. Protagonisti che portano anche ai fatti di via Odelscalchi a Chiasso (quando venne ucciso un uomo) e del Quartiere Maghetti a Lugano (rissa con ferimento). Dunque, come evidenziato nella sua requisitoria dal procuratore capo Arturo Garzoni, una vera e propria banda, «dello Scorpione», come il tatuaggio che riportavano sulla propria pelle, simbolo di affiliazione a un gruppo criminoso. «Persone senza scrupoli – ha sottolineato il magistrato – che escono con il coltello in tasca e posano nei loro selfie con pistole, non certo giocattolo. Persone pericolose che facevano capo ad appartamenti, quali basi non solo per il traffico di cocaina ma anche per orchestrare un giro di prostituzione. Spacciatori con disponibilità di auto a noleggio per contratti di migliaia di franchi fatti in Ticino, dove probabilmente si sarebbe dovuti essere più accorti nel concederli e nel verificare certe generalità. Auto che andavano e venivano dall’Italia, non solo per la droga ma anche per spostare le prostitute».
Polvere per quasi 400 grammi e appartamenti a luci rosse
Per il procuratore capo, il 32enne era il capo dell’organizzazione, «colui che faceva fare il lavoro sporco agli altri, un imputato scaltro che ha trafficato almeno 366 grammi di cocaina e due buste dosi da 0,6 grammi l’una ma, sono certo – non ha mancato di far sapere Garzoni – qui giravano i chili!». Per l’albanese il magistrato ha chiesto una pena di 2 anni (di cui almeno 6 mesi da espiare) e l’espulsione dalla Svizzera per 10 anni. Ventiquattro mesi, tutti da espiare questa volta, che si sono ripetuti anche nella richiesta di condanna per il 27enne naturalizzato svizzero: «Un delinquentello plurirecidivo, fannullone, a carico dell’assistenza, un bugiardo cronico che cambia versioni come si cambiano i calzini» è la radiografia fatta da Garzoni del secondo imputato, accusato di spaccio di 150 grammi di cocaina, furto, infrazioni alle norme della circolazione e porto illegale d’armi (un paio di coltelli con lama lunga 9 centimetri e un manganello). Il magistrato nella sua requisitoria, davanti alla giudice Francesca Verda Chiocchetti, ha parlato solo di aggravanti, «di attenuanti non ne vedo proprio» ha detto. La difesa, che ha preso la parola ieri solo nel tardo pomeriggio, e sostenuta rispettivamente dagli avvocati Maurizio Pagliuca e Chiara Buzzi, ha chiesto l’assoluzione per il reato di spaccio di cocaina per entrambi gli imputati. I legali contestano le chiamate in correità, in quanto il teste non è credibile. La sentenza è stata così aggiornata a stasera alle 18.