Luganese

Operazioni fittizie, 'fiducia dei pazienti a rischio''

Il direttore del Dss Raffaele De Rosa attende i riscontri penali dell'inchiesta sul neurochirurgo accreditato alla clinica di Gravesano.

(Ti-Press)
13 agosto 2019
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«Se dovesse rivelarsi vero quanto riportato dai media, sarebbe un fatto grave: ci sarebbe un inganno dei pazienti che dovrebbero essere invece informati correttamente visto che danno il consenso scritto prima dell’intervento. Il rapporto di fiducia con il medico è fondamentale. Lavoriamo molto su questo aspetto affinché il paziente possa partecipare alla decisione». Commenta così il presunto caso di malasanità (cfr. ‘laRegione’ di ieri) la presidente dell’Acsi Evelyne Battaglia-Richi secondo cui «ogni caso è uno di troppo, soprattutto nel nostro sistema sanitario, uno dei più costosi al mondo. Ma anche se ben funzionante ci possono sempre essere piccole falle che non devono capitare ancora». Il caso, svelato dal ‘Caffè’, riguarda il neurochirurgo sospettato di aver effettuato operazioni fasulle all’Ars Medica di Gravesano. Non nasconde la propria preoccupazione nemmeno Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimento della sanità e della socialità (Dss), contattato da ‘laRegione’: «Il primo sentimento è stato di preoccupazione e di solidarietà per i pazienti coinvolti. Se i fatti riportati fossero confermati, la situazione creatasi sarebbe molto grave, sia per la rilevanza di quanto descritto, sia perché i fatti minerebbero il rapporto di fiducia che deve esserci fra tutti i pazienti da una parte e gli operatori e le strutture sanitarie dall’altra». De Rosa sottolinea che i servizi del Dss, d’intesa con l’Ente ospedaliero cantonale, hanno subito segnalato i casi alla magistratura, essendo ipotizzabili reati di natura penale. Ma, prosegue, «per procedere sul piano amministrativo, in particolare con misure cautelari, occorre disporre di sufficienti riscontri. L’autorità amministrativa non può procedere autonomamente ad accertamenti, anche perché vi sarebbe il rischio di pregiudicare l’esito della procedura penale».

Chiesi: ‘Nessuno si è accorto di nulla?’

Si attende insomma la fine dell’inchiesta del Ministero pubblico per adottare eventuali provvedimenti nei confronti del neurochirurgo, nel frattempo sospeso dalla clinica privata. Un’inchiesta coordinata dalla procuratrice Marisa Alfier che per il momento indaga unicamente sull’ipotesi di reato di lesioni, ma ha posto sotto sequestro sia le cartelle cliniche dell’Ars medica sia quelle del Civico dei quattro pazienti operati concretamente anche al nosocomio dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc). La vicenda risale a circa sei mesi fa. Il medico è in vacanza, al suo rientro verrà interrogato dalla procuratrice che nominerà un perito. Non è escluso che al Ministero pubblico giungano altre segnalazioni simili. Le patologie alla schiena sono sintomatiche o psicosomatiche, quindi ci si trova in una zona grigia e il mancato sollievo dopo l’operazione deve essere attentamente valutato dagli inquirenti.

«Spero che l’inchiesta possa procedere celermente, perlomeno per quanto riguarda l’accertamento dei fatti – dice Gabriele Chiesi, già membro della Commissione di vigilanza sanitaria e già responsabile dell’allora Associazione dei pazienti della Svizzera italiana –. Fatti che vanno chiariti al più presto per evitare speculazioni e soprattutto per non generare o alimentare nella popolazione un sentimento di sfiducia nella sanità. Detto questo e tornando all’episodio specifico, ci sarebbero state non una, ma addirittura quattro segnalazioni, da quello che ho letto sui media, di pazienti dello stesso specialista. In sala operatoria il chirurgo non è solo, è affiancato da personale esperto. È mai possibile che nessuno si sia accorto di nulla o abbia visto nulla? Parliamo infatti di ben quattro casi di presunte operazioni fasulle. Come mai dopo il primo non si è fatto ciò che andava fatto per evitare il ripetersi degli altri. C’è da chiedersi, insomma, come mai nessuno dei presenti in sala operatoria abbia reagito già dopo il primo caso. Purtroppo, come si è visto nel caso del dottor Rey, il personale infermieristico delle cliniche private non gode della stessa protezione contrattuale di quello dell’Eoc. Alla Sant’Anna l’infermiera che aveva osato parlare è stata licenziata».