La mezza maratona vissuta in prima linea e il successo dello sport. Quello vero
Da giornalisti siamo abituati a raccontarvi gli eventi ‘dal di fuori’, questa volta invece abbiamo deciso di metterci... muscoli e sudore. Così, dopo aver ricevuto l’accredito dall’organizzazione abbiamo ‘inforcato’ scarpe da jogging e calzoncini e via... Diciamolo subito: la StraLugano è più di una corsa, una due-giorni fatta sì di competizione, quella sana, ma soprattutto di divertimento e animazione. Per la Città un evento capace di creare un’atmosfera fuori dal comune, con i suoi mille colori e il suo spirito decisamente cosmopolita.
Plauso al presidente, Vanni Merzari, infaticabile anche nei lavori più umili, e a tutto il suo team, fatto di volontari, militi della Protezione civile, City Angels, giovani entusiasti e pensionati sempre pronti a dare una mano. Impeccabili in tutto, anche nel tifo lungo il percorso. Perché, lo abbiamo riscontrato dai nostri polpacci, una cosa è raccontare la gara,
un’altra è viverla in prima persona. Difficile, in effetti, trasmettere l’emozione allo sparo di partenza, lì circondati da uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo, un migliaio, da quelli che puntano decisamente al traguardo a quelli, come noi, dal motto ‘l’importante è partecipare, e che Dio ce la mandi buona!’. «Non è la mia prima mezza maratona –
si confida ai blocchi di partenza una podista svizzero francese –, ma è la prima volta a Lugano, che meraviglia, il lago, le montagne». Accanto, un papà che sta spiegando alla figlioletta (tre-quattro anni) che forse non è il caso che le stia in braccio durante la gara.
Pronti? Partenza e via!
Poi il conto alla rovescia crea un silenzio surreale, mentre tutti mettono mano al proprio cronometro da polso. È l’ora! Terribili i primi chilometri. Tutti sembrano sorpassarci con nonchalance, tanto che cominciamo già a chiederci se ci sarà qualcuno ad aspettarci a notte fonda quando porteremo a termine l’impresa...
«Caspita, sono già in riserva» è il commento che percepiamo da un corridore all’amico che ha fianco nel primo tratto e
che probabilmente perderà lungo il tracciato.
«La foga dei primi minuti mi porta a superare i miei limiti e ora mi ritrovo con la lingua di fuori» è la risposta che dà al nostro ‘come va?’ una giovane partecipante. Noi non ci facciamo condizionare, anche se le gambe (la testa fa molto in questi casi!) ci sembrano già abbandonare, e continuiamo a correre, protetti da un serpentone di persone che offrono sicurezza (super controllati incroci e strade) e rifornimenti. Anzi, cominciamo a crederci: la metà dei 21,0975 chilometri della ‘maratonina’ sono alla nostra portata. In tasca, per ora, resta l’integratore, destinato alle ultime centinaia di metri. Poi le gambe cominciano a tremare: «Doppiati – ci mette in guardia qualcuno alle nostre spalle, – il primo ci ha già presi!”. In effetti, quello che ci sta raggiungendo a grandi falcate è... un altro mondo, non solo perché africano (etiope), ma corridore di razza capace di mangiarsi la corsa in un’ora e 53 secondi (noi alla fine faremo registrare un tempo di 2 ore e 14 minuti!). Una gara nella gara, quindi. Ci sono gli extraterrestri e gli ‘umani’, quell’umanità che porta con sé anche
sofferenza e malattie, come chi decide di correre con lo stampelle, a piedi nudi o su una sedia a rotelle, da medaglia!
«Non ce la faccio più...» è il grido d’aiuto di un uomo sulla cinquantina, «dai forza che siamo quasi arrivati» lo incalza la compagna, quando quel quasi significa ancora 6 chilometri... Il pubblico però riesce a smuovere montagne e adrenalina, tanto che intere famiglie innescano inni da stadio caricando chi non ha più batterie: «È una manifestazione che fa di Lugano
un luogo da invidiare, non solo per il suo aspetto paesaggistico –non manca di ricordarci una mamma a spasso con i suoi tre bambini –. I miei figli, in queste occasioni, respirano un mondo, i diversi colori della pelle, i sorrisi e la serenità che si riscontrano sulle strade e nelle piazze ». Poco più in là, seduta per terra, una donna ultrasessantenne: «Non sa la gioia
che mi porta essere riuscita a concludere la mezza maratona. Era un mio obiettivo e ci sono riuscita! Non c’è assegno che tenga quando metti in gioco il tuo corpo e una certa costanza nella preparazione ». Tutto bene, quindi, quel che finisce bene, peccato solo (ci risiamo) per quel cappuccino e quel caffè liscio in un bar del centro: 7 franchi e 50, che fregatura.