Luganese

Artioli: 'Ridiamo un'anima a Lugano'

Presentato oggi a Palazzo Civico 'meno-trenta', primo libro di una trilogia dell'imprenditore: 'Il capitale c'è. Quanto? Mezzo miliardo'.

Ti-Press
9 maggio 2019
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Un libro per smuovere le acque e scuotere la cittadinanza.'Meno-trenta' esprime il profondo attaccamento di Stefano Artioli per il suo territorio e per la città di Lugano. Una città un tempo florida e ambita ma che oggi, forse viziata dal suo stesso benessere, ha accumulato un ritardo evolutivo di trent’anni rispetto ad altre realtà svizzere che hanno saputo rinnovarsi. L’intento è quello di smuovere attraverso immagini scomode (in bianco e nero scattate dal fotografo Gianluca Zaghi) la coscienza della società tutta, innescare un dibattito e incitare all’azione.

In altre parole, è un invito comune per risvegliare Lugano da un torpore trentennale, un appello rivolto soprattutto a imprenditori, liberi professionisti e forze economiche del territorio che, uniti, potrebbero trainare la rinascita economica dell’intero Cantone. Un racconto in tre libri fatto di fotografie e brevissimi scritti per offrire una radiografia veritiera di una realtà piena di contraddizioni e criticità ma con molte potenzialità e tanta voglia di riscatto. Una trilogia che, partendo dalla rappresentazione della Lugano odierna (“Riflessione”), suggerisce un percorso di rinnovamento attraverso il confronto con le città elvetiche più progredite (“Analisi”) per approdare a un’idea di sviluppo urbano, a un’immagine della Lugano futura tramite rendering e ricostruzioni ideali (“Azione”). Al primo volume, stampato in 5’000 copie, seguirà nell’autunno del 2019 la seconda uscita mentre la pubblicazione dell’ultima parte è prevista per la fine dell’anno/inizio del 2020.

Chi è

Per chi ancora non lo conoscesse, Stefano Artioli, nato a Bellinzona, classe 1960, è un imprenditore ed è presidente del Consiglio di amministazione di Artisa Group Sa (via Cantonale 36 a Manno). Nato e cresciuto nel Sopraceneri, ha risieduto a Bellinzona, successivamente nel Locarnese e da due anni vive a Lugano. Dal 1977 lavora nell’azienda di metalcostruzioni fondata dal padre Franco nel 1968. Nel 2000 avvia una profonda trasformazione manageriale ed approda nel settore immobiliare. Sposato da 33 anni, ha un figlio, Alain, da tempo a fianco del padre alla guida del gruppo.

Quella che propone nel suo libro ‘meno – trenta’ è una disamina amara e feroce dello stato attuale della città…

"Dobbiamo smetterla di vivere in base a quello schema di perbenismo che ci induce a quando qualcuno ci tocca nel vivo. L’ho scritto nel libro mettendo in evidenza tutti i proclami politici fatti negli ultimi decenni, ma i progetti non si sono mai concretizzati. Significa che o la società civile non è interessata o che è mancata la volontà per realizzarli. Cosa vogliamo fare? Stare con le mani in mano? Vogliamo stare fermi e perdere terreno per consegnare ai nostri figli un paese arretrato?"

Qual è il senso, o piuttosto, l'obiettivo delle sue riflessioni?

"Bisogna capire che non dobbiamo essere egoisti oggi. La riflessione vuole proprio essere un punto di partenza per il cambiamento.

Ha coinvolto anche il Municipio e la politica. Se si, come?

"I rappresentanti della politica e i municipali per me valgono come un semplice cittadino che incontro per strada, nulla di più. Sono persone elette da noi per essere il collante dei temi della società. E necessario che lo facciano come singoli cittadini, non come politici. Non abbiamo bisogno di maschere, dobbiamo lasciarci alle spalle le ideologie, abbiamo invece bisogno delle persone sincere che si interrogano e, in base a questa mia riflessione, se condivisa, fare in modo che si possa fare qualcosa di concreto. Il mio libro non vuole essere un attacco alla politica, bensì dare la possibilità e uno strumento di aiuto al politico".

Cosa l'ha spinta ad avviare il progetto di una trilogia?

Sono convinto che sono cittadini che vogliono contribuire alla crescita del paese. Alla sua trasformazione e a introdurre quei miglioramenti che sono necessari.

Da dove si può o si dovrebbe cominciare?

"Anzitutto, abbiamo bisogno di rimettere a posto il biglietto da visita di Lugano: in città sono i 700 metri di lungolago dove arrivano tutti i turisti da tutto il mondo. Un lungolago completamente da rivedere. Deve avere un respiro internazionale, dev’essere emozionante, in grado di attirare la gente. Quindi devono sparire tutte le baracche e strutture precarie. Ci sono i box di lamiera, non ci rendiamo nemmeno più conto di quanto sono brutte. Però, dobbiamo rendercene conto".

Il secondo intervento?

Occorre una struttura congressuale di alto livello e mancano le infrastrutture a favore dei cittadini, a cominciare da quelle sportive. Oggi stiamo tergiversando per una palestra. Abbiamo tre palloni gonfiabili per le piscine e per i campi da tennis. Nelle altre città svizzere, come Zurigo, Losanna e Ginevra, questo genere di problemi sono stati superati da 40-50 anni e le infrastrutture sono fisse e stabili non da terremotati. Non è vero che non ci sono soldi, il capitale c’è. Manca solo la volontà".

Lei e il gruppo di imprenditori che l’hanno sostenuta quanto sareste disposti a investire, mettendo che la politica sia aperta a entrare in discussione?

"L’ho già detto più volte. Io, grazie alle conoscenze nazionali nel mio settore e dei fondi delle casse pensioni in questo momento potrebbero muoversi almeno 500 milioni di franchi da investire, Solo che non ci sono gli strumenti per immettere questo denaro nelle infrastrutture necessarie. Il capitale c’è ma è bloccato dal nostro sistema, non perché il politico frena, è il sistema paese che deve cambiare e ha problemi. Le opposizioni politiche devono essere possibili solo se c’è un senso vero civico, altrimenti stai lavorando contro lo sviluppo del paese".