La psichiatra propone l'internamento a vita: 'È convinto che solo uccidendo l'altro riesce a sanare il torto che ha subito'
"Lo rifarei. Se non avessi avuto la forbice, gli avrei tagliato la gola con un coccio di vetro di bottiglia". Per nulla pentito, demoniaco, il 53enne luganese – accusato di mancato assassinio per aver tentato di uccidere un secondino alla Stampa lo scorso 21 luglio per opporsi alle cure con neurolettici per una schizofrenia – è da stamane davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano.
Al suo terzo tentativo di omicidio, l'imputato non ha espresso remore e ribadisce la sua contrarietà alle cure psichiatriche. Il Po Arturo Garzoni non ha escluso di chiedere per il 53enne l'internamento. Il processo è poi proseguito con l'audizione della perita psichiatrica.
L'imputato ha espresso di poter essere internato a vita, ma nel carcere La Stampa. Il giudice Mauro Ermani ha osservato: «tuttavia alla Stampa non è andata bene», alludendo all'aggressione della guardia carceraria, abilitata alle cure infermieristiche. La psichiatra ha confermato la patologia della schizofrenia associato a un disturbo di personalità antisociale. Si oppone alle cure e non riconosce il proprio disagio psichico: «È convinto che solo uccidendo l'altro riesce a sanare il torto che ha subito».
La psichiatra propone l'internamento a vita. Il giudice Ermani ha sollevato il dilemma del luogo dell'internamento, che tuttavia non spetta alla Corte, ma al giudice dei provvedimenti coercitivi. La psichiatra ha detto che in ogni caso le cure neurolettiche, che l'imputato però rifiuta, sono imprescindibili. L'imputato: «Non capisco, non esiste nessuna legge che definisca obbligatoria la somministrazione di medicamenti psichiatrici».