Un 29enne del Locarnese accusato di tentato omicidio rischia oltre 6 anni di carcere per aver ferito, il 15 ottobre 2024, un 69enne con un colpo di badile
Un kebab e qualche birra tra amici, poi una grigliata al fiume, sulle rive della Verzasca a Gordola. Ancora qualche birra, una partita a carte, si ride e si scherza. All'equazione di quella che sembrava poter scorrere via come una tranquilla serata in compagnia, a un certo punto si aggiunge però anche la droga, più precisamente l’ecstasy assunta da un allora 28enne del Locarnese, e così bastano una frase banale (tipo "ma sei scemo") e un’accusa (di aver messo le mani addosso a una conoscente di un’altra persona presente) ritenuta ingiusta a scatenare il caos e a far concludere la serata con tre persone ferite dal giovane, di cui una in modo serio, un 69enne colpito da una badilata sulla spalla e medicato con sei punti di sutura. E con un’imputazione di tentato omicidio – subordinatamente lesioni gravi, lesioni semplici, vie di fatto e minaccia – per l’oggi 29enne, in carcere da quella sera del 15 ottobre 2023 e che rischia di doverci rimanere ancora a lungo.
Sono infatti in totale sei anni e sei mesi di prigione, interamente da scontare, che la procuratrice pubblica Anna Fumagalli ha chiesto nei confronti dell’imputato, comparso oggi di fronte alla Corte delle Assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Stando alla pubblica accusa, oltre che con la pala, il giovane avrebbe anche colpito l’anziano con una spranga di ferro e tentato di sferrargli un calcio alla testa. «È bastata una banale frase durante una tranquilla cena a bordo fiume, a scatenare la furia dell'imputato, che non si è fermato nemmeno di fronte alla presenza di due minori», le parole della pp, che ha poi sottolineato come «non si trattava purtroppo di niente di nuovo» e ha ricordato alcuni elementi emersi dalla perizia psichiatrica, secondo la quale il giovane soffre di un disturbo di personalità misto con tratti narcisistici e psicopatici e presenta un pericolo di recidiva di grado medio». Fumagalli ha parlato di una difficile situazione sociale «trascesa con l'abuso di alcol e droghe, che solo per pura fortuna non ha portato alla morte di una persona», ma «la concentrazione delle sostanze trovate nel corpo dell'imputato ha alterato solo in parte la sua capacità di intendere e volere. Sapeva quello che stava facendo e quali potevano essere le conseguenze, quindi era consapevole di poter uccidere, anzi era determinato a farlo».
Una tesi evidentemente contestata dalla difesa, l'avvocata Sandra Xavier, per la quale l'imputato «non ha mai avuto l'intenzione di uccidere qualcuno e non ha quindi mai accettato il rischio che ciò potesse accadere», come invece indicato in un atto d'accusa – e la conseguente richiesta di pena –, ritenuto «eccessivo e sproporzionato» anche rispetto all'effettiva gravità delle lesioni delle vittime. Vittime che tra l'altro, ha fatto notare sempre Xavier, «non sono nemmeno presenti in aula in qualità di accusatori privati», il che dimostra «un manifesto disinteresse nel procedimento ed è indicativo della reale percezione delle vittime, che diverge da quella confezionata dalla pubblica accusa». Non a caso, «in un'e-mail il 69enne ha chiesto, per quanto concerne la commisurazione della pena, di essere clementi con il mio assistito: quale vittima di tentato omicidio si esprimerebbe in questi termini?».
Per la difesa inoltre l'inchiesta «non ha permesso di chiarire come si sono svolti esattamente i fatti e di fornire una ricostruzione esaustiva», anche alla luce della «discordanza dei racconti delle persone coinvolte». A tal proposito Xavier ha contestato il tentativo di calcio alla testa («la stessa vittima ha dichiarato di non ricordarlo e solo una persona del gruppo riferisce di averlo visto»), mentre per quel che riguarda il colpo di pala «non ha mirato né al collo, né alla testa, desistendo dopo il primo fendente. Se avesse voluto uccidere, avrebbe colpito ancora». Da qui, la richiesta di riconoscere al massimo le lesioni gravi e una pena contenuta in 36 mesi parzialmente sospesi (oltre a dover seguire un trattamento di cura), il che permetterebbe al 29enne, da poco più di un anno in regime di espiazione anticipata della pena, di tornare subito in libertà.
«Non dovevo reagire così, ho sbagliato e me ne pentirò per tutta la vita, ma non ho mai avuto l'intenzione di uccidere qualcuno e nemmeno pensato di rischiare di farlo», ha dal canto suo affermato il 29enne. Riguardo ai fatti di quella sera, ha raccontato di non ricordare di aver colpito qualcuno con la pala né il calcio (se non a una sdraio), ma di essersi «probabilmente armato» dopo essersi reso conto che «chi mi stava di fronte aveva un falcetto e un coltello». Nessun ricordo – amnesie e conseguenti versioni “ballerine” criticate dal giudice – neppure delle minacce (“ti ammazzo”) riportate dalle altre persone presenti.
«Mi rendo conto che avrei potuto ucciderlo, ma ero ubriaco e drogato», si è giustificato il giovane (tra l’altro già condannato in passato per guida in stato di ebbrezza), affermando a tal proposito di essere «consapevole dei miei problemi e pronto a iniziare un percorso terapeutico. Voglio riprendere in mano la mia vita e non deludere più chi mi vuole bene».
Domani mattina la sentenza.