Brissago

Guerra e rifugiati, il difficile compito di ricordare

Il Gruppo per la Memoria 1943-1945 organizza una serie di specifici eventi il prossimo 27 gennaio: conferenze, testimonianze e momenti commemorativi

(Web)
17 gennaio 2024
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La Svizzera e i profughi in fuga dal nazifascismo è un tema che deve rimanere sempre vivo nella memoria collettiva, anche se ormai sono trascorsi quasi ottant'anni dalla fine del Secondo conflitto mondiale e dal genocidio perpetrato dai tedeschi e dai loro alleati. A distanza di decenni, la politica di accoglienza così altalenante e non di rado contraddittoria che contribuì a salvare migliaia di persone (e purtroppo anche a condannarne a morte altre) è sempre oggetto di riflessione. “Per le giovani generazioni questa catastrofe umanitaria appare oggi lontana e le vecchie generazioni, non di rado, tendono a rimuoverla” – osserva il Gruppo per la Memoria a Brissago –. “Nel nostro Paese la cultura della memoria di questi fatti è infatti molto selettiva. La narrazione predominante è quella della Svizzera come isola risparmiata dal disastro grazie alla sua neutralità. I profughi che cercavano rifugio sono stati accolti nella ‘barca’ nel numero ritenuto massimo di spazio disponibile. Le persone attive nella Resistenza non vengono invece spesso ricordate. Ora, a distanza di otto decenni, si presenta l’opportunità di rafforzare la cultura della memoria delle vittime, delle persone in fuga e dei combattenti per la resistenza”. A tale scopo lo stesso Gruppo, spalleggiato dal Comune di confine, sabato 27 gennaio, in occasione della ricorrenza internazionale della Giornata della Memoria (voluta per ricordare l'Olocausto) ha deciso di lanciare una particolare iniziativa che vuole rendere il dovuto omaggio anche a quei numerosi ticinesi che hanno aiutato e sostenuto i rifugiati e i partigiani durante gli anni della guerra. Decine di migliaia di rifugiati hanno cercato protezione dalle persecuzioni attraverso il confine ticinese, renitenti alla leva, disertori, ebrei italiani e stranieri residenti in Italia, ex prigionieri alleati, antifascisti e partigiani. In gran numero furono accolti, ma ci sono stati molti respingimenti di fuggiaschi ebrei.
“Brissago, nel marasma di quegli anni, è stato un luogo di speranza per migliaia di persone in cerca di rifugio. Durante tutto il periodo della Resistenza attiva, i partigiani attraversarono il confine sui monti per mettersi al sicuro in Svizzera e, a volte, per tornare poi a combattere in Italia. Numerosi profughi ebrei giunsero in paese attraverso le zone vicine al confine italiano, per lo più dopo faticose marce a piedi attraverso Cortaccio, nella speranza di salvarsi la vita. La maggior parte di loro fu accolta e spesso trascorse il periodo successivo nei campi di internamento: le donne presso il Grand Hotel Brissago, gli uomini nel campo di Gordola, i soldati nel campo di Losone”.

La popolazione indigena impedì il rimpatrio di un gran numero di fuggiaschi

Queste vicende sono tra l'altro ben illustrate nel libro di Paolo Storelli su Brissago durante la guerra. “L'autore mostra ad esempio come ampi settori della popolazione brissaghese abbiano sostenuto i rifugiati: con uno sciopero e un blocco stradale, le lavoratrici e i lavoratori della Fabbrica Tabacchi impedirono il rimpatrio di decine di donne e bambini di Cannobio che si erano rifugiati a Brissago per sfuggire alla repressione delle SS.
Purtroppo non tutti i profughi furono accolti e ci furono molti respingimenti. Negli ultimi mesi del 1943, in particolare, le direttive delle autorità da Berna furono molto restrittive. Ai profughi ebrei, salvo poche eccezioni, non fu riconosciuto lo stato di pericolo di vita o, quantomeno, di deportazione. Nel Locarnese, per diversi mesi, il 20% dei richiedenti venne respinto”. Politica che mutò alla fine del 1944, quando la Confederazione decise di aprire i confini senza troppe esitazioni e tentennamenti.

Spunti per una riflessione e posa di una scultura e targa commemorativa

In questo ambito, il Gruppo per la memoria a Brissago 1943-1945 ha sviluppato alcune linee di riflessione attraverso relazioni, testimonianze, film e con la presentazione di progetti per la memoria che il 27 gennaio verranno presentati al pubblico. Vi sarà, tra le altre cose, anche la posa di due pietre d'inciampo, collocate in riva al lago, nel punto in cui una famiglia di profughi venne caricata su una barca e rispedita oltre confine, dove purtroppo poi conobbe la deportazione (l'Associazione Svizzera Stolpersteine sostiene questo progetto). Inoltre una targa commemorativa verrà posta in un luogo pubblico frequentato del paese, per ricordare il sostegno che i brissaghesi hanno dato ai rifugiati. La manifestazione avrà luogo nella sala del Consiglio comunale, a partire dalle 10.30, con le relazioni di Jakob Tanner, professore emerito dell'Associazione pietre d’inciampo, Marino Viganò, ricercatore, che tratterà “Le circostanze di contesto e i rifugiati nel Ticino” e Adriano Bazzocco, storico, il quale si soffermerà su “Accolti e respinti. Gli ebrei in fuga dall’Italia”. Nel pomeriggio spazio a testimonianze di rifugiati, film di sostenitori dei partigiani e testimonianze di brissaghesi.
Non da ultimo, verrà presentato il calendario di manifestazioni correlate alla giornata e promosse altrove. Su tutte il Sentiero della Speranza (evento promosso con Insubrica Historica e la Fondazione Monte Verità), che mette in relazione i luoghi e gli eventi di quegli anni bui sulla sponda occidentale del Verbano, come il celebre episodio della battaglia dei Bagni di Craveggia del 18 ottobre 1944, sul confine con la Valle Onsernone. Con decine di soldati fascisti e tedeschi che li stavano cercando fino a ridosso del confine, dopo uno scontro a fuoco due partigiani di un folto gruppo di fuggiaschi persero la vita, mentre tre furono feriti gravemente e undici in modo più leggero, seppur colpiti in territorio italiano, riuscirono a salvarsi passando il confine di Spruga, dove era stazionata di guardia una piccola guarnigione ticinese.