Il gpc ha respinto la richiesta di scarcerazione dell'uomo di origini balcaniche, che ha fornito all’assassino la pistola usata per uccidere il custode
L'impresario bellinzonese di origini balcaniche che ha ammesso di aver fornito la pistola al 42enne locarnese – negando tuttavia di essere al corrente delle sue intenzioni – che l'11 maggio scorso con quell'arma ha ucciso, con tre colpi sparati da distanza ravvicinata, il custode del Centro scolastico dei Ronchini di Aurigeno, dovrà verosimilmente rimanere in carcere fino al processo. Secondo nostre informazioni, il giudice dei provvedimenti coercitivi ha infatti respinto la richiesta di scarcerazione presentata dall'avvocato dell'uomo, Gianluigi Della Santa, che ha quindi chiesto per il suo assistito, accusato di complicità in assassinio e detenuto presso il carcere La Farera, il regime di espiazione anticipata della pena.
L’arma, una pistola della Glock, come si ricorderà, era stata recuperata dopo il delitto; la stessa era stata rubata molti mesi prima in un’abitazione privata del Locarnese. L’autore di quel furto, arrestato alla fine di maggio, soggiornava a Bellinzona guarda caso proprio nell’appartamento dell’impresario – noto per essere al centro di diversi raggiri e per lo scandalo dei permessi facili –, al quale consegnò l’arma. A far da tramite tra il cittadino di origini balcaniche e il 42enne locarnese, secondo gli inquirenti coordinati dal procuratore pubblico Roberto Ruggeri, era stata una 33enne, dipendente del negozio di telefonia mobile gestito dall’assassino. Finita in manette alla fine di agosto con l’accusa di complicità in assassinio, quest'ultima è nel frattempo, sempre secondo nostre informazioni, già tornata in libertà.