Locarnese

Le torbe della Vallemaggia bussano alle porte dell’Unesco

Creata una rete internazionale che sta elaborando la candidatura dei granai su pilastri a patrimonio culturale immateriale dell’umanità

7 novembre 2023
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Il loro segno distintivo sono i “funghi”, in Ticino sono spuntate (a partire dal XV secolo) unicamente in Vallemaggia e presto potrebbero entrare a far parte del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, che raggruppa non siti ma vere e proprie tradizioni viventi. Stiamo parlando delle torbe, caratteristiche costruzioni composte dal basamento in muratura (generalmente chiuso e che nel corso dei secoli ha assunto diverse funzioni, da abitazione a stalla, ripostiglio e altro ancora), il granaio in legno, il tetto in piode di beola e appunto i cosiddetti funghi di pietra, messi in opera per evitare la risalita di umidità e di animali, in particolare topi, verso la cella granaria dove era depositata (e dove essiccava) la segale.

«Da noi in prevalenza segale, ma capitava di depositarvi anche altre derrate alimentari da tenere all’asciutto, ad esempio altri cereali, castagne, patate», precisa Flavio Zappa, storico di professione e membro di comitato dell’Apav, l’Associazione per la Protezione del Patrimonio Artistico e Architettonico di Valmaggia, dove si contano ancora «un’ottantina di torbe, eredità culturale dei Walser. Non a caso in Svizzera se ne trovano anche in Vallese e nei Grigioni, lungo il percorso migratorio di questo popolo, così come, per lo stesso motivo, in Valle d’Aosta e nel Vorarlberg austriaco. Esistono però anche delle versioni di questo tipo di granai che non sono per nulla legate ai Walser e che sono sparse un po’ in tutto il mondo, a cominciare dal resto dell’area alpina fino ad arrivare ad esempio in Turchia, Medio Oriente, Africa e persino Brasile».

L’unione fa la forza

E soprattutto in Spagna, più precisamente nelle Asturie, dove gli “hórreos” sono un simbolo nel quale si riconosce la comunità asturiana («un po’ come il Cervino per la Svizzera, in generale nel nord della Spagna se ne contano decine di migliaia») e da dove non a caso è partita l’idea di creare una rete internazionale che coinvolga diverse associazioni ed enti che promuovono la salvaguardia dei granai su pilastri. Tra cui appunto l’Apav, invitata nelle scorse settimane proprio nel Principato asturiano a partecipare a una sorta di “reunion” durante la quale, oltre allo svolgimento di diverse conferenze, si sono gettate le basi per la candidatura Unesco… «È stata un’esperienza impegnativa ma molto arricchente, ho potuto presentare le nostre torbe valmaggesi ma ho anche appreso molto sugli altri tipi di granai sospesi – prosegue Zappa –. Seppur costruiti con tecniche e materiali differenti, il principio è sempre lo stesso, ossia tenere sollevata la cella granaria per garantire una buona ventilazione e impedire l’accesso ai roditori. Di fronte a problemi uguali, popoli diversi e lontani tra loro, che non sono mai entrati in contatto, hanno trovato una soluzione simile. Da questa riflessione, nasce l’idea di proporre una candidatura non come patrimonio materiale, bensì immateriale dell’umanità. Si intende quindi valorizzare, piuttosto che l'espressione materiale, la cultura che sta a monte, compresi il sapere artigianale, la toponomastica e la nomenclatura, le conoscenze e le pratiche sulla produzione e la valorizzazione dei generi alimentari, le tradizioni locali e via dicendo».

E come si sa, l’unione fa la forza… «Esatto, per questo il primo passo da compiere era la creazione di una rete internazionale, denominata proprio “Hórreo”. Noi al momento siamo gli unici rappresentanti della Svizzera, ma stiamo cercando di coinvolgere anche i colleghi vallesani, anche perché l’associazione dei granai asturiani, capofila del progetto, si sta occupando di elaborare un primo documento per il dossier di candidatura, ma noi dovremo completarlo con le caratteristiche regionali».

Riconoscimento importante per tutta la regione

A proposito di regionale, per l’Apav e in generale per la Vallemaggia, cosa vorrebbe dire veder riconosciute le torbe quale patrimonio dell’umanità? «Avrebbe un grande valore, perché se è vero che l’Unesco non sostiene finanziariamente la valorizzazione, il restauro o la manutenzione delle “opere”, il riconoscimento renderebbe comunque più facile trovare sostegno per il lavoro di conservazione delle nostre torbe. Lavoro che da quasi 50 anni la nostra associazione svolge come volontariato a livello locale, per cui un tale riconoscimento internazionale farebbe davvero piacere. Inoltre l'inserimento di queste strutture nel patrimonio mondiale dell’Unesco, comporterebbe dei vincoli di rispetto a livello pianificatorio. Senza dimenticare che la Vallemaggia conta già le faggete della Valle di Lodano quale sito Unesco (dal luglio 2021, ndr) e c’è aperta anche la candidatura proprio della cultura Walser, per cui poter annoverare due o tre “elementi” del patrimonio dell’umanità, sarebbe un gran bel biglietto da visita per tutta la regione».