Tanto inaspettato quanto sudato e benefico, l’importante riconoscimento della Guida Michelin ottenuto da Giuseppe Greco e il suo team di Losone
«Stella o non stella, noi siamo e rimaniamo questi, continuerò a dare pacche sulle spalle ai miei clienti, che prima ancora sono amici, e a salutarli dicendo loro “grazie per essere stati a casa mia”».
Ci tiene a mettere subito le cose in chiaro Giuseppe Greco. La sua Osteria dell’Enoteca, incastonata nel nucleo San Giorgio di Losone, ha appena ricevuto la sua prima stella Michelin, sinonimo di eccellenza nel campo della ristorazione, ma la parola d’ordine che regna nel piccolo ristorantino (una 30ina di posti all’interno, qualcosa in più il suggestivo cortile) è umiltà.
«Senza quella, non saremmo qui e non andremmo più da nessuna parte», ci racconta il 43enne siciliano con la sua travolgente simpatia e disponibilità, ben note a chi frequenta il locale, che gestisce ormai da una decina d’anni con la moglie Heike. «Io siculo, lei tedesca, formiamo un mix esplosivo, che però sta alla base di tutto ed è fondamentale soprattutto nei momenti difficili. E ce ne sono stati, perché la ristorazione non è un ambito facile. In particolare all’inizio, quando abbiamo rilevato (nel 2014, ndr) questo posto ben sapendo di avere davanti una sfida difficile, perché il ristorante aveva una lunga storia di successo che dovevamo (e volevamo) portare avanti. Come sempre quando ci sono dei cambiamenti, c’è chi è contento e chi no, quindi abbiamo dovuto ricostruirci una nostra clientela e come detto è stato impegnativo, ma ce l’abbiamo fatta. Anzi, posso dire che proprio il rapporto che abbiamo con i nostri clienti, la maggior parte ormai amici, è la nostra forza. Chi viene qui, anche per la prima volta, entra in famiglia e questo non deve cambiare».
Una famiglia composta anche da quattro figli, due ragazzi e due ragazze che vanno da 18 a 12 anni, quindi cresciuti con il ristorante… «Anche questo non è stato evidente, riuscire a dividersi tra la gestione del locale di successo e una famiglia così numerosa. Allo stesso tempo però i nostri figli ci hanno dato sempre la forza per andare avanti. Addirittura lo scorso anno, in un momento particolarmente difficile, stavo pensando di lasciare il ristorante e sono stati proprio loro a convincermi a non farlo».
A dare un’ulteriore bella spinta, ora è arrivato pure il prestigioso riconoscimento della “Guida rossa”. Una sorta di dono caduto dal cielo, non certo perché non meritato, ma in quanto inaspettato… «Sì, questa stella rappresenta una bella iniezione di fiducia e di energia. E pensare che stavo per cestinare l’invito – nel quale non si accennava minimamente al premio – alla serata di Losanna pensando che fosse spam. Poi ci siamo detti, “ma sì dai, facciamo una gita fuori porta” e siamo partiti, io mia moglie e Jacopo (lo chef, ndr). Sul posto ci siamo sentiti piccolini accanto a grandi chef e ristoratori e mai ci saremmo aspettati di sentire il nostro nome durante la premiazione. È stata un’emozione davvero intensa. Anche perché come detto non ce lo aspettavamo. Alla Guida bisogna iscriversi, certo, e noi lo avevamo fatto dieci anni or sono, ma da lì a ricevere una stella ne passa. Non era nemmeno un nostro obiettivo, perlomeno non direttamente. Al primo posto abbiamo sempre messo i nostri clienti e la loro soddisfazione in tutti gli ambiti, dall’accoglienza fino evidentemente alla cucina. La stella, così come gli altri riconoscimenti (ad esempio i 15 punti Gault Millau, altra guida gastronomica, ndr), sono una conseguenza dei sacrifici e del lavoro che facciamo in questo senso, per cui da questo punto di vista non può che fare piacere. E quando dico facciamo, intendo tutta la squadra, servizio e cucina compresi».
A guidare la brigata gastronomica dell’Osteria, Jacopo Roventini, che a dire il vero la sua stella l’aveva già ricevuta a gennaio… «Sono diventato papà di una bimba, un’emozione unica – afferma il 44enne toscano –. Seppur chiaramente di tutt’altro genere, devo dire che pure ricevere la stella Michelin è stata una sensazione decisamente intensa, sia perché inaspettata, sia perché sotto sotto sognata. Per uno chef rappresenta un traguardo davvero importante, dietro al quale ci sta il lavoro di una vita».
Una vita che lo ha visto iniziare a fare esperienza «nei ristoranti della mia città, Siena, lavorando anche in sala per conoscere il mondo della ristorazione a tutto tondo, ma la passione per la cucina poi ha preso il sopravvento e nel 2010 mi ha portato in Svizzera, dove oltre a lavorare in locali anche blasonati di St. Moritz, Lucerna e Zurigo, ho conosciuto mia moglie. Poi sono arrivato in Ticino, ho incontrato Giuseppe e dal 2018 sono all’Osteria, prima come sous chef e ora come chef».
Quanto alla “sua” proposta culinaria, Rovetini spiega che «da quest’estate abbiamo introdotto un concetto un po’ diverso, puntando su un menu degustazione che cerchiamo di variare piuttosto regolarmente seguendo la stagionalità, utilizzando materie prime di qualità e sempre fresche. Una cucina innovativa nella tecnica ma molto legata alla tradizione, quella del Ticino ma anche quella della mia terra, la Toscana, e più in generale quella mediterranea».
Una filosofia che non verrà stravolta dal “peso” del riconoscimento ottenuto… «Pur non cercandola in maniera assidua, abbiamo sempre provato a fare del nostro meglio con in testa anche l’idea della stella, e ora che ce l’abbiamo, vogliamo tenercela. Alla fine vuol dire continuare a fare bene il nostro lavoro, anche se effettivamente con un po’ di pressione in più. Lì per lì non me n’ero accorto, ma con il passare dei giorni e anche la maggiore attenzione mediatica, il peso di questa stella ha iniziato a farsi sentire. In ogni caso fa parte del gioco ed è anche una bella sfida che ci ridà slancio, perché siamo i primi a volerci confermare, ma sempre senza assillo e soprattutto senza stravolgere quello che facciamo e quello che siamo».
Per continuare a dire ai clienti, o meglio agli amici, “grazie per essere stati a casa mia”.