Oltre 60mila chilometri in giro per l'Europa alla ricerca di ‘campioni’ originali, per dare forma a un'installazione artistica e insieme scientifica
Il momento filosoficamente più alto si è verificato entrando in Norvegia, quando Armin Kistler ha aperto il portellone del suo Van e i doganieri ne hanno osservato il contenuto con tanto d’occhi: c’erano centinaia di scatole e altrettanti sacchetti gonfi d’aria. Qui di seguito il dialogo: “Cosa trasporta?”. “Aria”. “Ah, ma nel senso di aria-aria?”. “Sì, aria-aria”. “A cosa le serve?”. “Per un’installazione artistico-scientifica che poi metterò in vendita”. “Quindi avrà un valore, giusto?”. “Sì, in teoria. Almeno se riuscirò a piazzarla”. “Prezzo previsto?”. “Per tutte le arie, certificate e bollate, inscatolate e sistemate, pensavo a 22mila franchi”. Momento di silenzio. “Ventiduemila franchi!? E noi come dovremmo tassarla?”. Altro momento di silenzio. “Vada pure, buon viaggio”.
Lo scambio di informazioni si è in realtà sviluppato sull’arco di una giornata intera: il tempo necessario affinché l’artista locarnese convincesse i suoi interlocutori che in effetti erano sì in presenza di un bene con un possibile valore monetario, ma trattavasi comunque di qualcosa che andava oltre la semplice aria inscatolata da mettere in vendita. «Parliamo – dice Kistler – di una raccolta di momenti unici e irripetibili: di confezioni contenenti l’aria che in un determinato istante – né un minuto prima, né uno dopo – c’era a Pisa, a Bruxelles, a Siviglia o a Stoccolma». Che è poi, appunto, il senso ultimo del suo “cityairbox project” (www.cityairbox.com). Una volta terminata, ogni singola installazione (ogni scatola sarà riprodotta suppergiù una cinquantina di volte) si presenterà come un grande quadro contenente un massimo di 160 esemplari di aria certificata e bollata, originale di altrettanti luoghi europei, dove è stata catturata tramite apposita pompetta.
A comprovare che Kistler ha fatto le cose per bene, senza barare come certamente avremmo fatto noi spacciando l’aria di Camorino per quella di Lanzarote, ci sono almeno due elementi. Il primo è il contachilometri del Van – prima, 0 chilometri, dopo, 62mila, percorsi dall’aprile al dicembre dell’anno scorso, coprendo Italia, Spagna, Portogallo, Francia, Germania, gran parte del Nord Europa e di quella dell’Est per scoprire fre la altre Repubblica Ceca e Polonia, Estonia e Lituania –; il secondo sono le foto che ritraggono i vari “riempimenti” abbinati a luoghi, opere e/o monumenti simbolo delle singole città visitate. Tipo Copenaghen con la sua Sirenetta, Praga con l’Orologio astronomico, Salamanca con una delle sue due Cattedrali, Rotterdam e il Willemsbrug (il ponte è sullo sfondo, un po’ sfocato, ma è senz’altro lui, così rosso).
In realtà, dice Armin, «la prima idea risale al 2019 ed era quella di creare diversi punti vendita a Barcellona, dove vivo, per proporre, inscatolata, l’aria mettiamo delle 13.02 di un determinato luogo, nella tal data, pompata nel sacchetto sotto gli occhi dell’acquirente, al quale sarebbe stata venduta, con tanto di certificazione, per 8 euro al pezzo». (Per la serie: basta trovare la nicchia, e il mercato si apre come d’incanto). «Poi però era arrivata la pandemia, Barcellona si è chiusa a riccio per diversi mesi e il progetto è rimasto congelato». Fino a trovare nuovo vigore fra un viaggio e l’altro tra Spagna e Locarno, la cittadina in cui Armin ha vissuto gran parte della sua vita e dove l’anno scorso aveva tra l’altro realizzato il progetto di “street art” in Piazza Remo Rossi, replicato proprio in questi giorni con una seconda installazione in cui le artistiche strisce colorate di “138colorslocarno” sono diventate bolle altrettanto variopinte, ma decisamente più “people”.
Tornando al viaggio: l’artista si è portato a casa non solo l’“aria-aria” di nordica memoria, ma anche una serie di aneddoti, ricordi e scoperte. Fra esse, «la curiosità delle popolazioni dell’Est. Qui abbiamo forse un po’ perso la capacità di stupirci. Là invece c’è grande partecipazione, richieste di spiegazioni che dovevano essere il più precise possibile e da cui scaturivano discussioni veramente interessanti». Non potrebbe essere altrimenti se consideriamo che gli argomenti di Kistler erano i seguenti: «Lo faccio per dare l’emozione di avere qualcosa di unico e legato a un singolo e irripetibile momento. In pratica, ho fermato il tempo e l’ho tramutato in arte». Arte che tra l’altro il nostro aveva studiato a Zurigo in anni giovanili e poi perfezionato da “self made man” nel suo atelier di Barcellona.
Sempre alla Spagna è legato un altro dei molti aneddoti di viaggio: quello della “fissa”, se così vogliamo chiamarla, degli abitanti di San Sebastian, che proprio non ce la fanno a chiamare la loro città con quel nome così irrimediabilmente “turistico”. «Per loro – dice Armin – è Donostia, in basco. Ricordo che ero lì, stavo trafficando con le mie cose e si è avvicinato un uomo per sottolineare il concetto, chiedendomi addirittura di cambiare il nome sulla scatola che avrebbe contenuto l’aria del posto. Mi sono chiesto se stesse dicendo sul serio e forse dalla mia espressione lui ha capito il mio smarrimento. Così ha deciso di presentarsi: “Piacere e benvenuto – mi ha detto –: io sono il sindaco”». Sulla scatola è rimasto San Sebastian (ma Armin si sente un po’ in colpa).