Per la Locarnese (e altre Società di pesca) il drastico taglio mette a repentaglio il futuro degli stabilimenti piscicoli. Zone di bandita, c’è un ricorso
Il tema della gestione ittica e dell’uso sostenibile della risorsa, in questi ultimi anni, sta facendo molto discutere i pescatori ticinesi e le società ittiche che li rappresentano. L’equilibrio naturale nei corsi d’acqua, si sa, può essere alterato con un’immissione di novellame prodotto negli incubatoi. La naturale capacità produttiva di avannotti può subire temporanee diminuzioni, causate da eventi naturali (quali le piene), che possono essere in parte compensate da ripopolamenti artificiali, soprattutto nel caso delle trote. Allo scopo di favorire pesci della migliore qualità (quelli che nascono e crescono nell’ambiente fluviale naturale) il Cantone ha dunque chiesto alle società ittiche che gestiscono le pescicolture una diminuzione del 30% dei quantitativi di produzione.
Misura che, al tempo stesso, permette allo Stato di contenere i costi (come auspicato dal decreto Morisoli per il pareggio dei conti). Queste riduzioni preoccupano, e non poco, quasi tutte le società che fanno produzione di novellame perché alcune di loro rischiano di non riuscire a coprire i costi se i quantitativi richiesti risultano troppo contenuti (vanno infatti riducendosi i sussidi forfettari percepiti).
Del tema si è parlato in occasione dell’assemblea della Società di pesca La Locarnese, tenutasi lo scorso 20 gennaio al Centro professionale tecnico di Locarno. Giancarlo Piffero, membro di comitato e rappresentante in seno alla Commissione corsi d’acqua della Locarnese, nella sua relazione ha riassunto il programma che il Dipartimento del territorio intende portare avanti nella produzione del novellame e i metodi mirati che attuerà con le diverse società per favorire e migliorare la produzione indigena. Le proposte non fanno fare salti di gioia ai patiti della lenza, che intendono discutere alcune criticità e portare delle soluzioni per contenere il taglio netto proposto da Bellinzona. In sintesi, si punta a riportare la produzione della trota Iridea destinata al comprensorio della Valle Maggia nello stabilimento di Maggia e, per quanto attiene alla trota Fario, fin quando non ci saranno dei deflussi adeguati, l’idea da sottoporre alle autorità cantonali è d’immettere su tratti di fiume selezionati esemplari adulti.
Va comunque ricordato che la situazione finanziaria del Fondo per la fauna ittica e la pesca (alimentato anche attraverso il rilascio delle patenti) preoccupa e, affinché questo non si azzeri in pochi anni, l’Ufficio caccia e pesca ha varato un piano di risparmio di 150mila franchi annui, 100mila dei quali toccano da vicino le ‘nursery’.
Nella sua dettagliata relazione, il presidente del sodalizio, Claudio Jelmoni, ha passato in rapida sintesi diverse tematiche. A cominciare dal numero di affiliati. «Dopo il boom del 2020-2021 con un incremento importante di soci a livello ticinese, dovuto essenzialmente alla pandemia che ha fatto riscoprire la pesca e il territorio – ha affermato –, il 2022 ha confermato il trend verso il basso che ormai da diversi anni continua a erodere soci alla Federazione e al mondo della pesca. Difficile imputare a qualcuno questa costante diminuzione, ma i cambiamenti climatici, i deflussi minimi non rispettati, ambiente ed economia che non vanno d’accordo e altri motivi ancora, hanno fatto sì che a livello cantonale, in dieci anni, la Federazione ticinese perdesse ben 642 soci (-15%)».
In controtendenza La Locarnese e Alta Leventina, due società che hanno aumentato il loro numero di soci in questi dieci anni. Inoltre, La Locarnese, per il terzo anno consecutivo, supera i 400 soci e si attesta come la seconda società per numero di soci in Ticino e la prima per quanto riguarda i giovani.
Altro tema assai critico, quello delle zone di protezione sul Lago Maggiore istituite dal Cantone e che sono entrate in vigore a inizio anno. Il nuovo decreto sulle bandite di pesca è stato oggetto di ricorso per quanto riguarda i pescatori con reti. Occorrerà attendere l’esito della decisione del Tram, con la possibilità di un eventuale ulteriore passo al Tribunale federale. Trovare delle aree condivise non sarà un gioco da ragazzi. Le quattro zone discusse e approvate dalla commissione consultiva, poi ritoccate dall’Ufficio caccia e pesca, interessano lo specchio d’acqua rivierasco di Ascona, Locarno, Brissago e Gambarogno.
Due parole sono state spese anche al riguardo delle modifiche del Regolamento, con l’obbligatorietà, a partire dal 2026, di possedere la tessera SaNa per poter staccare una patente di pesca di lunga durata anche in Ticino. Questo presuppone che da subito tutti i nuovi pescatori che frequentano il corso dovranno superare il test SaNa se non vogliono ritornare a ripetere il test dopo il 2025. I patiti della lenza più in là con gli anni e che non sono in possesso della tessera SaNa, avranno tre anni di tempo per frequentare un corso di pesca e superare il test. Un’altra modifica riguarda l’accompagnamento e l’esercizio della pesca di minorenni. Fino allo scorso anno tutti i ragazzi sotto i 14 anni potevano pescare liberamente e senza patente (solo ritirando il libretto per la statistica della pesca). Ora con la nuova modifica questo sarà possibile dai 9 fino ai 13 anni, poi dal 14° è obbligatorio staccare una patente con tessera SaNa.
All’assemblea, alla quale hanno preso parte oltre cinquanta partecipanti, tra soci e invitati, il comitato uscente è stato quasi riconfermato in blocco. Solo Luciano Petrozzi ha rassegnato le dimissioni. Presidente è stato riconfermato per il prossimo periodo di tre anni l’uscente Claudio Jelmoni che con Franco Böhny, Fabio Carenini, Giancarlo Piffero, Piergiorgio Nessi e Giuseppe DeBernardo, completa la squadra.