Lo chiede una risoluzione interpartitica in Gran Consiglio sottoscritta da Sirica (Ps), Dadò (Centro), Bourgoin (Verdi) Speziali e Maderni (Plr)
Approda in Gran Consiglio la vicenda della mamma afgana e della figlia di 8 anni che vivono in Val Verzasca e su cui, dopo che la Sem non è entrata in materia sulla seconda domanda di richiesta di asilo, pende la spada di Damocle dell’espulsione dalla Svizzera. Una situazione per la quale si era mobilitata la comunità verzaschese con una raccolta firme che ha raggiunto oltre 2’500 sottoscrizioni, e che per il momento è appesa al filo del ricorso presentato dalla Fondazione azione posti liberi (tramite l’avvocato luganese Paolo Bernasconi) in base al quale il Taf ha disposto l’effetto sospensivo rispetto alla decisione della Sem.
A Palazzo delle Orsoline è stata presentata una risoluzione interpartitica, con primo firmatario Fabrizio Sirica del Ps a cui si uniscono Fiorenzo Dadò del Centro, Alessandro Speziali e Cristina Maderni del Plr e Samantha Bourgoin per i Verdi. L’atto parlamentare chiede che le autorità preposte concedano un permesso di dimora per caso di rigore evitando l’espulsione della famiglia, giunta in Svizzera, ricordiamo, in fuga dalle violenze dell’ex marito e padre della bambina.
"Fin dal loro arrivo in Svizzera e, in particolare, in Verzasca, la signora K. e sua figlia S. hanno fatto enormi sforzi per integrarsi tra la gente del posto, cosa che ha permesso loro di costruire una solida rete di amicizie e conoscenze: siamo contenti di averle tra noi e ci rallegra vedere che si stanno ambientando bene", spiegano i firmatari della risoluzione. "S. frequenta la seconda elementare presso l’istituto scolastico di Brione Verzasca. È una bambina intelligente, brillante e molto solare, conosciuta da numerose famiglie. Ha infatti tessuto varie amicizie con i bimbi della valle, sia a scuola, sia al di fuori delle lezioni, grazie anche alle numerose attività extrascolastiche a cui partecipa con entusiasmo: gioca a calcio nella squadra locale, ha contribuito al mercatino di Natale (…) K. è a sua volta ben inserita nella vita di valle e si vede che le piace il nostro territorio. In qualità di sarta si è messa a disposizione per sistemare alcuni vestiti e svolgere piccoli lavori di cucito. Si è iscritta a due corsi di italiano, che segue tuttora con impegno e dedizione. Oltre a essere attiva su vari fronti K. è una persona affidabile, generosa e altruista: ha colpito tutti il fatto che si sia messa a disposizione di alcuni anziani e di alcune famiglie con bambini piccoli del posto: li aiuta a fare la spesa, è andata a far loro visita, tanti piccoli gesti quotidiani, che mostrano che è parte della nostra comunità."
Da qui, la richiesta al Parlamento ticinese di non rimanere "insensibile a quanto testimoniato dalla comunità verzaschese", e di valutare "l’evidente sofferenza che una scelta di espulsione creerebbe a questa madre e a sua figlia: ricominciare da capo, continuare a fuggire, non poter mai chiamare un luogo "casa", abbandonare i compagni di scuola e quelle montagne, le nostre montagne, in cui, dopo anni, finalmente si sentono sicure e accolte".
I proponenti dell’atto parlamentare chiedono dunque al Gran Consiglio "di esprimere un messaggio chiaro al Governo e alla SEM, affinché si consideri la particolare vulnerabilità della situazione e gli sforzi di integrazione già intrapresi e riusciti, chiedendo alle autorità preposte di concedere un permesso di dimora per caso di rigore ed evitando così l’espulsione dalla Svizzera". Più nello specifico, si chiede che il Consiglio di Stato scriva alla SEM chiedendo il riesame della domanda, facendo valere la clausola di sovranità.