Locarnese

Alta Vallemaggia, la ristorazione perde pezzi

Il settore soffre. Nonostante l’incremento dell’affluenza turistica gli esercizi pubblici faticano a restare a galla

Camere con vista... sulla piazza
(Ti-Press)
20 luglio 2022
|

A un villaggio si può toglier tutto eccetto tre cose: il campanile, la piazzetta di paese e l’osteria. Coordinate principali per orientarsi in una realtà sconosciuta se si è forestieri, all’interno di una comunità questi elementi costituiscono i punti di ritrovo più significativi nonché quelli che più la identificano. Ristoranti, alberghi, bar, locande non sono solo luoghi dove è possibile gustare del buon cibo, dissetarsi e riposare, servono anche per socializzare, scambiare qualche chiacchiera e passare del tempo in compagnia. Rappresentano i polmoni e il cuore pulsante di un paese, soprattutto in una valle. E quando le saracinesche di questi esercizi pubblici si abbassano per sempre il rischio non si limita solo a perdere un buon contribuente o un cuoco in grado di soddisfare pancia e palato dei propri clienti.

In Alta Vallemaggia di locali coi tavoli non più apparecchiati, la porta chiusa e l’insegna di "cessata attività" se ne vedono diversi. Partendo da Cevio, c’è ad esempio l’albergo Basodino, oramai in disuso da anni; senza questa istituzione la piazza sembra quasi vuota. Accanto c’è il ristorante della Posta, in piena attività, ma in vendita. Proseguendo il "tour" dell’emorragia dei ritrovi pubblici – descritta anche nel numero di luglio de laRivista di Locarnese e Vallemaggia, edita da Armando Dadò –, a Bignasco troviamo l’albergo della Posta e l’annessa terrazza con vista sul fiume. Anch’esso è chiuso, in attesa che qualcuno lo riprenda in gestione. A Cavergno, i gerenti della pizzeria al Torchio sono in procinto di lasciare l’attività (a quanto pare già in agosto) e il destino del locale è ancora incerto. Salendo ancora, verso la Lavizzara, troviamo a Broglio l’osteria Zoppi, che è chiusa, così come il ristorante Poncetta a Prato. A Sornico il Garni Lavizzara, gestito dalla famiglia Donati, è alla ricerca di un compratore. Volendo poi fare un salto anche in un’altra vallata, la Rovana, sorte analoga avviene con l’omonimo ristorante, chiuso da diverso tempo. Previsti diversi cambi – sempre più frequenti – di gerenza in altri bar, ristoranti e alberghi della regione; sintomo quest’ultimo di una tendenza poco confortante.

Insomma una situazione non di certo rosea per il settore gastronomico e alberghiero dell’Alta Vallemaggia. Per avere un quadro più chiaro ci siamo rivolti a Nunzio Longhitano, presidente di GastroTicino per la regione Lago Maggiore e Valli.

‘Manca un ricambio generazionale e la clientela è mutata’

«Il problema principale – afferma l’intervistato – è che più si sale lungo la valle, più s’incontrano difficoltà nel processo di ricambio generazionale. Molti dei gerenti e dei proprietari hanno una certa età e faticano a trovare qualcuno che li sostituisca. Sono persone che portano avanti delle realtà spesso a carattere familiare, ma che restano senza chi voglia portare avanti l’attività, oppure che sia interessato a investire».

Un altro fattore determinante è il profilo del consumatore e del cliente "tipo", che ha subito dei mutamenti nel tempo e che il nostro interlocutore divide fra gente del posto e turisti: «Nell’Alta Valle fatichiamo sempre di più ad avere massa critica. La clientela fissa inizia a scarseggiare. Un po’ perché nel tempo c’è stata un’evoluzione delle abitudini della gente. Una volta era più sentita la cultura di andare a mangiare fuori. Ora un po’ meno, pure a causa della pandemia che ha reso le persone meno propense a uscire a pranzo o a cena. Senza dimenticare il calo demografico. Infine, molti clienti affezionati hanno una certa età e altri hanno lasciato la valle».

Ma il coronavirus, che prima ci ha confinati, lo scorso anno ha portato molti turisti (confederati e ticinesi) a scegliere per le loro vacanze mete svizzere, e tra queste le valli locarnesi. Perché nonostante la forte affluenza la situazione non è migliorata? «È arrivata molta gente da fuori sì, ma erano turisti di giornata. Non si fermavano né a dormire né a mangiare. Certo la riapertura dopo sette mesi aveva fatto tirare un sospiro di sollievo a molti. Ma è stato un sospiro di corta durata, soprattutto in Alta Vallemaggia che, rispetto alla Bassa, fatica a tenere aperto tutto l’anno».

‘Tanti progetti sul piatto, latitano i finanziatori’

Importante anche la cooperazione fra gli enti regionali e gli esercenti, come dichiara lo stesso Longhitano: «I rapporti sono molto buoni. Sono diversi i progetti sul piatto inseriti nel Masterplan Alta Vallemaggia, come ad esempio la ristrutturazione dell’albergo Basodino. I Comuni e gli enti pubblici possono sovvenzionare una parte dei costi, ma non tutta la somma. Ci vorrebbero investitori... Ma quelli attualmente mancano».

A un villaggio, come detto, gli si può toglier tutto eccetto il campanile e la piazzetta. Per l’osteria, si vedrà…