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Vallemaggia, alla spasmodica ricerca della pietra (di gneiss)

Impresari costretti ad attendere mesi le lastre per i tetti. Il boom delle ristrutturazioni e le limitazioni all’attività estrattiva le cause del ritardo

9 marzo 2022
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I tetti dei rustici, degli edifici pubblici, delle chiese rivestiti in piode (lastroni in gneiss ticinese). Per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio edilizio, questo elemento tipico dell’architettura tradizionale è parte integrante della nostra storia, in quanto riflette modi di costruire che si perdono nella notte dei tempi. Tutti d’accordo sulla grande bellezza di queste coperture/murature, espressione della cultura di una comunità che, in passato, malgrado le ristrettezze economiche e di mezzi, ha saputo arrangiarsi grazie proprio a questo stile costruttivo.
In tempi a noi ben più vicini, durante la pandemia, con la riscoperta da parte soprattutto dei confederati del territorio e dei pittoreschi insediamenti abitativi nelle valli, in Ticino si è assistito a un incremento delle ristrutturazioni di vecchi casolari, baite e abitazioni di vacanza. Per artigiani e titolari di piccole e medie imprese edili tuttavia, la "tegola" è legata proprio alla difficoltà di reperire la materia prima, vale a dire le lastre. «Le coperture in piode – spiega Flavio Pedrazzi, titolare di una grossa impresa di costruzioni del Locarnese − grazie anche ai sussidi elargiti dal Cantone, stanno conoscendo un vero e proprio boom. Purtroppo è diventato un problema trovarle. I tempi di consegna da parte delle industrie di lavorazione della pietra (le cosiddette cave, ndr) sono lunghi e i quantitativi sul mercato non bastano a soddisfare la richiesta. Nel mio caso, me ne occorrono circa 5’000 quintali all’anno». Come fare?
Quando si può ci si arrangia sfruttando ciò che resta di vecchi diroccati per recuperare qualche pioda qua e là, dal momento che sono eterne nessun problema il loro riutilizzo. Difficile tuttavia anche trovare terreni dove poi lavorarle. Escluso il ricorso a piode provenienti dall’estero, visto che i sussidi destinati a chi opta per una copertura in piode sono strettamente legati all’uso di materiali tradizionali indigeni e non di importazione.

Richiesta superiore alla media, ma entro l’estate normalità ritrovata

Il titolare della Fratelli Campana SA Graniti di Riveo conferma la presenza di una richiesta superiore alla media annuale di piode. Varie le ragioni all’origine di questo dato di fatto: «Innanzitutto osserviamo come le richieste giungano in contemporanea e non solo da parte della nostra affezionata clientela, bensì anche da altre regioni del Ticino. Durante la pandemia, ci sono state anche difficoltà di approvvigionamento del legname indispensabile per la carpenteria dei tetti. Questo ha un po’ bloccato tutto, costringendo le imprese edili a posticipare i cantieri previsti. L’appalto di lavori pubblici e privati in un periodo di restrizioni inevitabilmente genera una maggiore richiesta. La possibilità di beneficiare di sussidi cantonali è inoltre sicuramente un input non trascurabile. Pure l’autorizzazione alle riattazioni fuori zona edificabile contribuisce a smuovere il mercato. Sono aumentati di logica conseguenza anche i prezzi; i costi di estrazione, dei materiali, della benzina, dell’elettricità e della manodopera con i quali, come imprese di estrazione e lavorazione della pietra, siamo confrontati incidono sulla fattura. Non va infine dimenticato che non tutti i blocchi che escono dalla montagna sono idonei alla realizzazione di tetti. Perciò di questi tempi non siamo in grado di soddisfare la richiesta. La mia esperienza mi porta comunque a credere che, prima delle vacanze estive dell’edilizia, torneremo a una situazione di "normalità". E pensare che qualche anno fa faticavamo a smerciare le piode...» .Campana invita a vedere il lato positivo di questo incremento della richiesta:«La decisione del Cantone di elargire sussidi in questo ambito valorizza un prodotto locale e crea occupazione. Quello del "teciatt" (l’artigiano costruttore che restaura i tetti in piode e le altre parti degli edifici) è un mestiere che andava scomparendo. Ora torna in auge».

La Scheda V8, una spada di Damocle

Tutti concordi, i cavisti da noi interpellati, sui problemi di fornitura delle lastre di gneiss, con tempi di attesa che sfiorano anche l’anno (!). Ma a monte di questa situazione, vi è anche un problema, di non poco conto, legato alla pianificazione cantonale. In particolare c’è chi punta il dito sulla Scheda V8 del Piano direttore cantonale, relativa al settore dell’estrazione e lavorazione del granito e della pietra, che va a colmare anche un vuoto a livello di giuridico. Oggi, ci ha spiegato un esperto del ramo, per i tetti in piode vengono impiegate unicamente piode prodotte o in Vallemaggia, o in Calanca. La decisione "politica" del Dipartimento (d’intesa con patriziati, Comuni e aziende) di voler mettere ordine nel settore, osserva il nostro interlocutore, in pratica ha portato a un restringimento del campo d’attività, limitando a un tot il numero dei comparti estrattivi sfruttabili a medio-lungo termine. In pratica, pur essendo la pietra naturale una risorsa (anche in termini economici), risulta sempre più complicato procurarsela. A ciò vanno sommandosi anche gli impatti critici legati all’ambiente e alla geologia (deposito degli scarti nelle cave e nelle discariche), al disturbo fonico e alla difficile convivenza con altri settori (come il turismo). Tanti interessi in gioco dei quali tener conto, insomma e dai quali è impossibile sottrarsi. Risultato: «Molti hanno chiuso baracca e siamo rimasti in pochi. Personalmente ho avanzato delle richieste al cantone, ma sono anni che attendo una risposta. Se non si possono sfruttare nuove cave (o riattivarne di abbandonate), impossibile assicurarsi un futuro. Dove andiamo a prendere la materia prima? Dall’estero? A ’sto punto se non cambiamo questi standard, la nostra tradizione finirà nel giro di qualche decennio, in quanto verrà meno il ricambio generazionale». Pietra perduta.