Il procuratore generale ricorre a Losanna contro l'assoluzione dell'avvocato di Muralto dall'accusa di ripetuta appropriazione indebita qualificata
Il procuratore generale Andrea Pagani ha deciso di ricorrere al Tribunale federale contro la sentenza di assoluzione dell'avvocato Ignazio Maria Clemente. Quest'ultimo, in appello, era stato scagionato dall'accusa di ripetuta appropriazione indebita qualificata che in prima istanza, di fronte ad una Corte di Assise correzionali, gli era invece costata, nel febbraio del 2020, una condanna a 1 anno e 3 mesi di detenzione sospesi. La vicenda penale riguardava i soldi che il legale – difeso dal collega Diego Olgiati – aveva liberamente utilizzato benché fossero di una cliente, per la quale, prima che ella morisse, rogò il passaggio di proprietà di un rustico dal valore di circa 390mila franchi, poi depositati su un conto cliente.
In Appello però le cose erano andate diversamente rispetto al primo processo, poiché la giudice Giovanna Roggero-Will aveva stabilito che gli elementi emersi in corso d’indagine “costituiscono una più che solida impalcatura che sostiene la versione dell’accordo” intervenuto fra l’imputato poi assolto e la sua benefattrice. “Il fatto che, nell’inchiesta (ma non solo, anche nella documentazione contenuta nell’incarto della cliente e prodotta agli atti), l’avvocato Clemente abbia oscillato, nel qualificare l’accordo intervenuto, fra la tesi della donazione, quella del prestito e quella del prestito con opzione di condono, non è atto nemmeno a scalfire quest’impalcatura – scriveva la Corte –. Non lo è poiché la qualifica giuridica dell’accordo non era di immediata definizione: vi erano elementi che andavano in un senso ed altri che andavano in un altro, nella misura in cui dagli atti qui discussi risulta che quando l’avvocato Clemente (la cui volontà era di chiedere un prestito) ha parlato di restituzione, la signora ha sorvolato, dando una risposta che poteva legittimamente lasciar intendere una sua rinuncia alla restituzione, e terminando con un’espressione (‘va bene così, è liquidato’) che non poteva che rafforzare, confermandolo, il senso di quel primo ‘non parliamo di questo’”, pronunciato dalla cliente. L’avvocato era dunque ampiamente legittimato a credere di avere carta bianca e l’accusa “non è riuscita a portare elementi atti a togliere valore indiziante ai numerosi e concordanti elementi che, insieme, sostengono la versione dell’avvocato Clemente”.
Una “soluzione”, quella adottata dalla presidente della Carp, che non ha evidentemente convinto l'accusa, rappresentata dal procuratore generale Andrea Pagani. Il quale, come detto, andrà fino a Losanna per far ripristinare una sentenza di condanna così come stabilito dalle Correzionali di Locarno.