Locarno, rinviato a sorpresa “per approfondimenti giuridici” il messaggio che avrebbe (forse) benedetto le limitazioni. E sul tema tirava aria di referendum
A Locarno succede che un messaggio municipale da un anno nelle mani del Consiglio comunale, e con un rapporto commissionale di 23 pagine (più allegati) che depone a favore delle soluzioni proposte dall'esecutivo, venga ritirato la sera stessa della seduta di legislativo e non per volontà del Municipio, ma per decisione indotta dal Consiglio comunale stesso. Se è vero che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, verrebbe da dire che al colpo di scena non è estranea l'aria di referendum che tirava da sinistra contro un elemento cardine del messaggio stesso: il nuovo capoverso 3 all'articolo 96 del Regolamento comunale che se approvato, a cascata, avrebbe consentito di dare una base legale ai divieti (con possibili salatissime multe) di consumare bevande alcoliche, ascoltare musica con apparecchi sonori e gettare rifiuti in determinate zone considerate “calde” della città.
Il referendum, evocato dai socialisti, riguardava appunto la possibilità data al Municipio di “emanare norme di polizia per disciplinare l'uso e la protezione dei beni comunali, limitando o vietando usi incompatibili con l'interesse generale”. La necessità di legalizzarsi nasceva dall'imbarazzo suscitato dai ricorsi vinti al Consiglio di Stato da due apprendisti che nel 2018, beccati a bersi una birra nelle vicinanze del Castello, erano stati multati con 100 franchi. Ma il governo, adito dai due giovani con l'aiuto dell'avvocato Cristina Clemente di Muralto, aveva rimesso le cose al loro posto statuendo che l'articolo 107 della Loc che regola l'esercizio delle funzioni di polizia locale non costituisce una base legale formale sufficiente per giustificare divieti, multe e affini. Da lì era partita una girandola legislativa che ha portato al messaggio municipale sull'aggiornamento della regolamentazione comunale riguardante l'uso e la protezione dei beni comunali.
Questa sera, l'improvviso e inopinato “patatrac”: in entrata la presidente Valentina Ceschi ha chiamato i capigruppo a consulto, poi, a nome del Ppd, Barbara Angelini-Piva ha chiesto di mettere ai voti il rinvio del messaggio «per questioni giuridiche da approfondire, così come i contenuti di alcuni emendamenti». Richiesta di rinvio cui si è immediatamente accodato Mauro Belgeri (co-relatore del rapporto commissionale della Legislazione), «anche se non c'erano criticità legate ad emendamenti commissionali». Veemente è stata la reazione di Fabrizio Sirica, del Ps, che si è detto «basito. È un anno che il messaggio municipale è in commissione e il tema in questione è centrale. Ritengo pertanto poco serio arrivare in Consiglio comunale e non fare neppure la discussione per non meglio precisate difficoltà sugli emendamenti». Uno, socialista, chiedeva appunto di eliminare il famigerato capoverso 3 all'articolo 96. Auspicando spiegazioni, Sirica ha ricordato i ricorsi vinti dai due apprendisti, «che hanno avuto ragione sui cartelli. In questo modo, per altri 6 mesi almeno, quegli stessi cartelli, ove ne rimarranno, non avranno alcuna base legale». Il tutto a configurare «una politica giovanile sbagliatissima» da parte della Città.
Sirica ha poi chiesto agli estensori del rapporto di togliere dallo stesso il termine di “teppaglia” riferito ai giovani che fan festa alla sera e il concetto di “scena aperta”, considerati del tutto inadeguati al contesto locarnese. Belgeri, puntualizzando che nella versione definitiva le espressioni forti «sono state tolte», ha comunque rivendicato la legittimità dei termini, visto che li avrebbe usati lui stesso – teppaglia e scena aperta – nel suo intervento sull'oggetto. Nel merito dei motivi del rinvio del messaggio, Belgeri ha infine offerto una delle sue celebri sfuriate puntando al centro del bersaglio: «Constatiamo che il Consiglio comunale, l'organo legislativo, non può modificare le ordinanze municipali. E allora mi incazzo veramente! Cosa siamo qui a fare?».
Critiche sulle modalità con cui si è giunti a questa impasse sono inoltre state espresse da Giovanni Monotti per il Plr, che ha trovato i colpevoli negli autori di «virtuosismi pindarici che con il paracadute di una giurista non in chiaro giungono a proporre cose in contrasto con le istanze superiori». L'auspicio di Monotti è che «il Municipio torni e ci proponga qualcosa che abbia capo e piedi».