Locarnese

Telefonia mobile: poco si sa e poco si fa

A Locarno piovono le firme contro le antenne 5G. Intanto la Città si interroga sui rischi ma si crogiola anche nei vantaggi

17 novembre 2020
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In tema di antenne per la telefonia mobile – con particolare riferimento agli impianti per la tecnologia 5G – anche Locarno naviga nelle acque limacciose dell'incertezza. Tuttavia, a qualche livello, dove può, riflette sulle opzioni di intervento, ad esempio a livello pianificatorio e di sviluppo territoriale.

È l'informazione essenziale emersa dalla risposta all'interpellanza di Marko Antunovic (Verdi), nata dalla preoccupazione per un progetto di antenna sul tetto di un palazzo in via Nessi, a 50 metri dalla Scuola dell'infanzia, “vis à vis” il Parco Robinson e poco distante dal Liceo cantonale. Scopo dell'interrogazione era sondare il livello di “presenza” del Comune sulla questione, e i suoi margini di intervento. Questo, ricordando che nelle ultime settimane ben 3 raccolte di firme si sono abbattute su altrettanti progetti di antenne nei quartieri Campagna e Rusca e Saleggi, racimolando complessivamente circa duemila sottoscrizioni.

La premessa del vicesindaco Paolo Caroni è stata che «non vi è ancora un risultato univoco sull’impatto della tecnologia 5G, rispettivamente non disponiamo di elementi che permettono di definire un numero preciso di antenne che fanno capo a questo protocollo di trasmissione per coprire in modo adeguato il nostro territorio, conformemente al mandato pubblico assegnato alle compagnie di telefonia mobile». D'altra, parte, ha aggiunto, «appare evidente che in un contesto che richiede elevate competenze specialistiche non è sicuramente l’ente locale l’istituzione preposta per esprimersi in modo compiuto su eventuali potenziali rischi per la salute di una tecnologia, per rapporto alle varie fasce di età e della popolazione in genere». 

Per altro, ha ammesso il vicesindaco, «vi sono stati dei contatti con gli operatori del settore per uno scambio d’informazioni e una sensibilizzazione sul tema», ma «sempre nel rispetto dei limiti di competenza dell’autorità comunale per rapporto alle istanze superiori». Il problema dell'elettrosmog «è molto variegato» e quindi complesso. Al suo interno, in più, v'è l'ampio capitolo delle opportunità. Infatti, ha riconosciuto Caroni, «non possiamo misconoscere l’interesse anche per il Comune di disporre di una connessione adeguata per fare fronte ai suoi compiti e per il servizio alla popolazione e ai nostri ospiti. Pensiamo ad esempio alla creazione di un accesso pubblico alla rete WiFi nel centro cittadino e negli edifici pubblici».

Ad Antunovic, che temeva un'insufficiente attenzione alla salute dei cittadini, in primis da parte delle compagnie di telefonia mobile, il Municipio ha risposto che «al momento non sussistono elementi probanti per affermare che le compagnie non rispettino il principio di precauzione ancorato nella Legge sulla protezione dell'ambiente». Quanto alla Città, «non ritiene di disattendere i suoi obblighi nei confronti dei cittadini di Locarno, in materia di salute pubblica».

Ma rimane il dubbio, anche e soprattutto in relazione agli impianti situati in zone densamente abitate o in cui si trovano strutture pubbliche – come nel caso specifico la Scuola dell'infanzia in zona Morettina – frequentate da bambini. Alla domanda su cosa intendesse fare per tutelare i bimbi da un potenziale danno alla salute, la risposta è stata che «al momento il Municipio non dispone ancora di tutti gli elementi utili per pronunciarsi con cognizione di causa. Sarà nostra premura verificare nel dettaglio la fattispecie, se del caso attraverso specifici approfondimenti».

Infine, Antunovic chiedeva come mai ancora oggi a Locarno non venga applicato il “modello a cascata” (in base al quale le antenne per la telefonia mobile percepibili visivamente sono ammissibili nelle zone più sensibili (ad esempio nelle zone residenziali) solo se gli operatori di telefonia mobile hanno dimostrato che non sono disponibili ubicazioni nelle zone con priorità più alta, meno sensibili, come ad esempio le zone industriali). Ebbene, «il Comune – ha detto Caroni – potrebbe anche rinunciarvi, oppure potrebbe optare per un altro modello fondato sul principio della pianificazione negativa o positiva, sempre però considerando il fatto che i Comuni non possono adottare norme che mirano a proteggere la popolazione dall’emissione di radiazioni non ionizzanti», visto che quest'ambito «è esaustivamente regolato a livello federale dall’Orni (Ordinanza federale sulle radiazioni non ionizzanti, ndr.)». Comunque, «visto che è in corso la rivisitazione generale dell’intero pacchetto delle norme pianificatorie per adattarle al nuovo strumento previsto dalla Legge sullo sviluppo territoriale» uno lo specialista incaricato «si sta occupando anche di questo tema».