Veemente reazione del collega di Municipio Lorenzo Manfredi sulle dinamiche alla base della rinuncia alla ricertificazione: ‘Abbiamo fatto e stiamo facendo moltissimo’
«Alle promesse non hanno fatto seguito azioni concrete. Richiedere la certificazione sarebbe stato ridicolo». Questa la riflessione con cui, su Facebook, il municipale socialista di Gordola Bruno Storni giustificava la decisione presa a maggioranza dall'esecutivo di non richiedere la ricertificazione di “Città dell'energia”. Una tesi che suona alle orecchie del capodicastero Ambiente ed Energia, Lorenzo Manfredi, come uno schiaffo in pieno viso. E che lo rende «incredulo, deluso e arrabbiato».
«Bisogna puntualizzare – dice Manfredi – che quanto affermato da Storni riflette in parte le opinioni della maggioranza del Municipio, e in parte è farina del sacco di Storni. Poi è necessario premettere che la certificazione di “Città dell'energia” era stata richiesta dal Consiglio comunale, che legifera e dunque ha un ruolo diverso rispetto a quello del Municipio. Un ruolo che in questo caso l'esecutivo non ha purtroppo rispettato, ignorando le richieste del legislativo e tirando dritto verso una rinuncia che è di fatto politicamente incomprensibile. Ricordo che contro la decisione del Municipio v'è un ricorso, tuttora pendente, da parte di un consigliere comunale».
Il perché la scelta di rinunciare non può essere accettata, Manfredi lo illustra ricordando «tutto quello che è stato fatto negli anni scorsi, e ancora viene fatto, per rendere Gordola un Comune il più ecologico possibile. Quando Storni dice che non saremmo stati in grado di ricertificarci dice semplicemente il falso. Anzi, la ricertificazione sarebbe stata garantita perché Gordola è zelante nell'ambito del risparmio energetico. Il “label” non premia chi consuma zero, bensì sottolinea un progetto, una sensibilità, un'idea che deve avere il Comune nell'andare nella direzione di un risparmio energetico. Non parliamo di tutto o di niente, ma di un cammino e del suo svolgimento». Cosa Gordola abbia fatto Manfredi lo sottolinea con un elenco: «Abbiamo: realizzato la sede della Polizia intercomunale secondo gli standard Minergie; rifatto gli spogliatoi alle Roviscaglie, isolandoli e installando dei pannelli solari; sempre al campo di calcio, sostituito l'illuminazione con lampade Led; rifatto, e isolato, il club-house del Tennis club, anche lì installando pannelli solari; adeguato centinaia di candelabri dell'illuminazione pubblica con il sistema Led; promosso il “bike sharing”; favorito, fra gli incentivi, l'acquisto di e-bike; stiamo per aumentare gli incentivi in ambito energetico; e creato un parcheggio per le auto elettriche in paese. Ed è solo una piccola parte». Di fronte a tutto ciò, prosegue, «sentirsi dire che non abbiamo sensibilità ecologica è una vera cattiveria politica».
Sul tema è intervenuto anche Claudio Caccia, direttore regionale di SvizzeraEnegia per i Comuni/Città dell'Energia. «Gordola, come qualsiasi altro Comune, è libero di chiedere la certificazione “Città dell’energia”, oppure di decidere di non avviare il processo per la ricertificazione, previsto ogni quattro anni. Ci rammarichiamo per la decisione di Gordola (la prima in Ticino e pressoché un unicum a livello svizzero) e speriamo naturalmente che ciò non influenzi negativamente l’impegno del Comune in questo ambito». Caccia puntualizza che «le “Città dell’energia” non sono dei Comuni “perfetti”, ma piuttosto degli enti pubblici che dimostrano e documentano un impegno regolare e dei miglioramenti concreti a livello della loro politica energetica e climatica. Città dell’energia è un marchio, ma anche un’associazione di oltre 600 Comuni e città svizzere, di cui attualmente 454 certificate, che sprona i Comuni ad adottare misure concrete, in base alla loro situazione e al loro margine di manovra. Misure volte ad aumentare l’efficienza energetica, accrescere l’uso di fonti rinnovabili e ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, in tutti gli ambiti di loro competenza». Nessuna misura è obbligatoria, aggiunge, «è la “media” del punteggio raggiunto che conta, e non il singolo settore, proprio perché si vuole lasciare a città e Comuni la libertà di decidere dove concentrare i loro sforzi ed i loro mezzi. Pertanto, il ruolo principale nel garantire questo impegno e miglioramento costante spetta agli esecutivi ed ai legislativi dei Comuni stessi».
Poi Caccia respinge «fermamente» le affermazioni di Storni secondo cui, fra i Comuni, “sono troppi quelli che l’hanno ottenuto troppo facilmente, senza alcun beneficio ambientale, ma tanto marketing politico” e che “di svolte energetica nessuna traccia”. «Si tratta di esternazioni a nostro modo di vedere irrispettose ed ingiuste, non tanto verso l’associazione "Città dell’energia" ed il marchio stesso, quanto piuttosto verso gli esecutivi, i legislativi, le commissioni energia, le amministrazioni ed in generale tutte le persone di queste 454 città e Comuni svizzeri, di cui 29 in Ticino, che fanno ben più del minimo di legge».
L'esperto concorda con Storni «sul fatto che si possa e debba fare ancora di più» e che «un Comune può benissimo adottare misure concrete in ambito energetico e climatico anche senza avere un marchio come “Città dell’energia”. La realtà, ed i Comuni stessi, ci dicono però un’altra cosa: anche a causa dei frequenti cambiamenti di persone, sia a livello di organi politici che di amministrazione, sono rarissimi gli esempi di enti locali in cui tale impegno ha un’effettiva continuità nel tempo. “Città dell’energia” non fa altro che stimolarli a gestire le questioni energetiche e climatiche in modo attivo e sistematico, in favore di una maggiore sostenibilità e coerentemente con gli obiettivi nazionali e cantonali».