Il Cantone impone di eliminare una sezione, ma il Comune non ci sta. E neppure la popolazione che ieri ha consegnato 400 firme
Onsernone si mobilita per salvare la scuola primaria. Ieri sono state consegnate alla cancelleria 400 firme, raccolte fra gli abitanti nel giro di una decina di giorni. Obiettivo: evitare la chiusura di una sezione.
La decisione di dimezzare l'istituto è giunta nelle scorse settimane dal Cantone, che ha messo Onsernone di fronte a una scelta difficile: eliminare, a partire dal prossimo mese di settembre, la sezione mista, detta “Primo ciclo HarmoS” (che comprende la scuola dell'infanzia insieme alle classi di prima e seconda elementare), oppure quella composta dagli alunni di terza, quarta e quinta elementare.
In totale la sede di Loco (ex Casa comunale) ospita circa 25 alunni. Finora Bellinzona ha concesso deroghe alla valle, permettendo così di mantenere viva e aperta un'istituzione che riveste pure una forte connotazione simbolica. Nel 2016 era stato portato via dalla valle il primo ciclo di Scuola media, già sottosede di Losone. Ora tocca agli scolari più piccoli. Ma il Comune non ci sta e intende difendere a spada tratta aule e banchi: nei prossimi giorni partirà un ricorso al Consiglio di Stato.
Per capire cosa stia succedendo, abbiamo interpellato il municipale onsernonese Stephan Chiesa, che è a capo del dicastero educazione. Per prima cosa, Chiesa ricorda l'iniziativa parlamentare del 2018, presentata dai granconsiglieri Nicola Pini, Giacomo Garzoli e cofirmatari. La stessa è sfociata in una modifica di legge (già entrata in vigore): "I criteri per la definizione del numero delle sezioni e delle eccezioni per ogni sede sono stabiliti dal regolamento, tenendo particolarmente conto delle caratteristiche socioculturali degli allievi, del contesto socioeconomico e della morfologia territoriale della regione".
L'Onsernone è da tempo un'eccezione: «Da anni contrattiamo e discutiamo con il Cantone per conservare la scuola in valle. Inoltre siamo in trattative con Centovalli e Pedemonte per la creazione di un istituto unico. Non riusciamo a capire perché ora, tutto a un tratto, Bellinzona ci metta di fronte a un tale aut-aut, che dal nostro punto di vista è inaccettabile. Come possiamo costringere una parte dei nostri bambini ad affrontare ogni giorno trasferte di 30-40 minuti per andare a scuola? Ed è meglio imporre questa fatica ai più piccoli o ai più grandicelli? Senza contare le incognite legate alla pandemia di Covid-19...». Incertezze non ancora sciolte dal Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs), in vista della ripresa delle lezioni a settembre. «Magari il governo ticinese opterà per lezioni miste, a distanza e in presenza. Quindi i nostri alunni potrebbero dover stare sul pulmino per oltre un'ora, tra andata e ritorno, per frequentare unicamente le lezioni del mattino. Se potessero restare in valle, potremmo garantire a tutti loro la scuola in presenza, mantenendo le distanze sociali e garantendo le misure sanitarie necessarie contro il coronavirus».
Anche sui costi e sui possibili risparmi l'intervistato avanza diverse perplessità: «Il Cantone non sussidierà più una sezione, che quindi sarà chiusa. Per il Comune la spesa non cambierà di molto: dovremo comunque pagare per gli spostamenti quotidiani degli scolari (il mezzo e l'autista) e, allo stesso tempo, ci toccherà sostenere i costi per mantenere aperta la sede scolastica a Loco, seppur dimezzata».
Un discorso più generale, e annoso, è quello dello spopolamento delle regioni discoste. Nelle valli del Locarnese i Comuni e altri enti stanno portando avanti proposte e strategie per attirare domiciliati, pensando soprattutto alle famiglie con bambini. «La chiusura della scuola, anche se solo parziale, è un duro colpo da digerire. Non siamo d'accordo con questa mossa, che va nella direzione opposta a quella auspicata: farebbe morire la valle. Tre settimane fa c'è stata una riunione con le famiglie toccate dal provvedimento. Tutti i presenti, all'unanimità, hanno espresso la loro contrarietà. I genitori hanno manifestato il loro disappunto, poi concretizzatosi con la raccolta di firme. Staccarsi dai propri figli, ancora piccoli, imponendo loro lunghe trasferte, è duro da mandar giù. E ancora: dove dovranno seguire le lezioni, in Pedemonte o a Intragna? Come saranno strutturate e quanto saranno condizionate dal Covid-19, che per ora ha risparmiato la nostra valle? Come verrà organizzata la refezione per i pranzi di mezzogiorno? Quali saranno i maggiori costi a carico delle famiglie?».
In conclusione, pensando alle trattative in corso in vista della creazione di un istituto scolastico unico con Centovalli e Pedemonte, Chiesa dichiara che Onsernone resta disposto al dialogo con le autorità cantonali per trovare una soluzione condivisa. Pur nella convinzione che nel caso dell'Onsernone, "tenendo particolarmente conto delle caratteristiche socioculturali degli allievi, del contesto socioeconomico e della morfologia territoriale della regione" (come da modifica di legge citata sopra), l'eccezione ci starebbe, eccome.