Assise criminali: la richiesta di pena della pp Borelli per il 60enne gestore patrimoniale che aveva sottratto 2,6 milioni di franchi a 6 clienti
Un'altra storia di gestione patrimoniale disinvolta per conto terzi, pro domo propria, con una girandola di soldi manipolati nella zona grigia fra il rapporto di fiducia con i clienti e la cupidigia del guadagno facile. Entro questi conosciutissimi confini si è svolto oggi alle Criminali di Locarno, riunite a Lugano in un inedito contesto di protezione dal coronavirus, il dibattimento a carico di un 60enne confederato che in qualità di gestore patrimoniale, fra il 2012 e il 2016, secondo l'accusa avrebbe in pratica distratto 2,6 milioni di franchi dai patrimoni che gli erano stati affidati da 6 diversi clienti.
In aula si è parlato di prelievi per scopi personali di cui i clienti non sapevano o sapevano fino a un certo punto, di rapporti di profonda fiducia determinati da precedenti guadagni procurati ai clienti stessi, di accordi di restituzione non onorati e di tentativi concordati di eludere il fisco (tema, questo, che secondo l'imputato è stato la scintilla senza la quale non si sarebbe mai acceso il falò dell'inchiesta penale). Il tutto, da inserire in un contesto di "alto standing" economico caratterizzato dai milioni, in cui facevano capolino gestori patrimoniali di Dubai grazie ai quali potevano arrivare comodi guadagni extra di svariate centinaia di migliaia di franchi all'anno.
La pena richiesta dall'accusa per i reati di appropriazione indebita aggravata, truffa e falsità in documenti è stata di 4 anni da espiare «senza attenuanti, per colpa importante», mentre la difesa, rappresentata da Yasar Ravi (legale d'ufficio) si è battuta per una pena massima ridotta a 24 mesi sospesi.
Nella sua requisitoria la procuratrice pubblica titolare dell'inchiesta, Chiara Borelli, ha innanzitutto parlato di fiducia, «il sentimento principe, fondamentale del procedimento. Tutto nasce da lì. La fiducia ha accompagnato ogni malversazione contenuta nell'incarto». A chi si affidano i soldi?, si è chiesta Borelli. «A chi ha le competenze, o a chi è amico, o a chi diventa parte della nostra famiglia», è stata la risposta. Così si cementa un rapporto e clienti diventano «speciali, di lungo corso, con cui speciali erano i rapporti. Da lì le idee per gestire i patrimoni in nero. Ma poi le relazioni diventano professionali e la fiducia viene tradita. In un caso scadendo nello sciacallaggio, come quando sono stati prelevati tutti i soldi di un ricco cliente che era appena deceduto». Questo, per illustrare «un losco sfruttatore dei disagi altrui, un costruttore di messe in scena, uno che sa intortare». Lo stesso quadro è poi stato tracciato da Letizia Vezzoni, avvocato dell'accusatrice privata che con la sua denuncia aveva fatto partire l'inchiesta penale.
«Parliamo di appropriazione indebita, è vero, ma si dimentica tutto il trascorso, la personalità del mio cliente - ha ribattuto Ravi -. Ci si basa solo su quanto accaduto dal momento in cui gli sono stati contestati i fatti. Ha sbagliato, lui stesso lo ha riconosciuto, ma non possiamo essere così severi con lui. Anche se non è stato lineare, ha fatto delle ammissioni». Il legale ha inoltre invitato a considerare che «quello era un periodo in cui un po' tutti i gestori patrimoniali erano confrontati alla pressione di clienti che chiedevano soluzioni per i loro soldi in Svizzera su conti non dichiarati». L'imputato, ha sottolineato, «è incensurato, e le questioni vanno relativizzate e contestualizzate».
La sentenza da parte della Corte presieduta dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti dovrebbe essere pronunciata domani nel pomeriggio.