Locarnese

Rsi, 'Storie' e le viscere del territorio

Scambio di vedute al Palacinema attorno al documentario 'Città Vecchia, vita nuova', e le polemiche che ha suscitato

Un'immagine tratta dal documentario contestato
17 gennaio 2020
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Lo squilibrio di fondo sta nel fatto che alla Rsi si contesta di non essere sufficientemente vicina al territorio, ma quando l’avvicinamento c’è, subito emerge il rischio di incomprensioni. Il discorso riguarda non tanto i fatti di cronaca stretta – che l’emittente pubblica segue con i suoi programmi informativi, solitamente equilibrati – quanto nelle interpretazioni che essa può dare di luoghi e situazioni laddove il prodotto diventa espressione soggettiva dell’autore.

Era successo con un documentario su Chiasso e poi con un altro su Molino Nuovo, entrambi passati a “Storie”. Ed è successo nuovamente, nello stesso contenitore, con l’ormai arcinoto “Città Vecchia, vita nuova”, mandato in onda il 5 gennaio. Anche qui, come nei casi precedenti, la narrazione documentaria non aveva soddisfatto le aspettative di quella parte di pubblico più vicina al territorio in questione.

Una riflessione su questo squilibrio – che potremmo anche chiamare equivoco – è stata condivisa ieri al Palacinema fra la produzione di “Storie” e l’ampio pubblico accorso alla serata proposta dalla Corsi il cui obiettivo era parlare della trasmissione in senso lato, ma che è inevitabilmente stata monopolizzata dalla “questione Città Vecchia”.

Sostanzialmente i produttori Consuelo Marcolli e Michael Beltrami hanno ribadito che i documentari sono prodotti di narrazione, e come tali sottostanno a “regole” artistiche di traduzione della realtà che i registi applicano individualmente in base alle proprie sensibilità. Talvolta funzionano bene – come nel caso di “Una famiglia a tutto gas”, ritratto della pilota automobilistica Sharon Scolari, presente ieri in sala, e del suo team –, altre volte meno.

La Città Vecchia tratteggiata dal regista Paolo Vandoni, benché indubitabilmente poetica, è apparsa in effetti per lo più cupa, vuota, a tratti rassegnata. Scelte. Per commercianti, abitanti e autorità comunale, una visione eccessivamente parziale di una realtà territoriale ben più viva e orientata al futuro. Lo hanno sottolineato il presidente della Pro Città Vecchia Corrado Di Salvo («Siete andati a rovistare nei cassetti più polverosi, dimenticando il resto dell’appartamento, che invece è pieno di luce»), Franco Losa («Il documentario era troppo costruito sulle situazioni malinconiche; di vita nuova ne ho vista ben poca») e il già municipale Diego Erba. Quest’ultimo, polemicamente, ha colto il buono della diatriba: «Ridà slancio all’attività politica, che torna ad occuparsi di Città Vecchia».

Scherrer: 'Il servizio pubblico è Lugano-centrico'

Un appunto ovviamente non gradito e non condiviso dal sindaco Alain Scherrer, che al direttore regionale Maurizio Canetta ha espresso il suo rincrescimento per il quadro del nucleo dato dal documentario, e, più in generale, per una «Rsi Lugano-centrica, che snobba regolarmente Locarno, anche con alcuni dei suoi grandi eventi». Storia vecchia (quasi da farci un documentario).