Terre di Pedemonte, ignoti aprono i cancelli di un’azienda agricola e il bestiame fugge nei boschi
Fanatismo versus buon senso. Potrebbe esserci la mano di animalisti dietro la liberazione di un gregge di capre sui monti di Cavigliano, tra le Terre di Pedemonte e la Valle Onsernone. È successo nelle ore precedenti il Natale. Come prassi in inverno, i caprini erano rinchiusi in un recinto (con annessa stalla) a Cresmino dove, normalmente, svernano. Un atto poco sensato, quello perpetrato dagli ignoti autori, dal momento che gli animali, in fuga, dopo aver girovagato per i boschi in cerca di cibo, hanno corso seri pericoli. Oltretutto la proprietaria del gregge, in quelle ore, si trovava in visita alla madre in Germania. Allarmata da un conoscente che aveva visto il bestiame in strada (col rischio di finire investito o causare un incidente), ha dovuto far rientro in fretta e furia per recuperare i caprini. Liberare le bestiole a mo’ di “regalo” per consegnarle a un destino simile non è dunque stata una grande idea. Anzi, a dirla tutta è stato un gesto da incoscienti. A raccontarci l’accaduto è la stessa allevatrice che da anni, con passione e competenza, custodisce bestiame e produce formaggio. «Quando sono rientrata a casa, solo pochi esemplari erano rimasti nelle vicinanze del recinto. Trascorrendo l’inverno in stalla, erano tutte prive di localizzatore Gps e campanacci. Spaventate, le 52 capre (e i due lama che sorvegliano il gregge) si sono divise, scappando nei boschi in zone che non conoscono, correndo anche il rischio di cadere in qualche canalone. Mi ci sono volute due giornate di faticosissimo cammino sui pendii, in luoghi privi di sentieri, per riuscire a rintracciarle. È stata una fatica terribile ma non mi sono arresa e ho portato a termine il lavoro con successo. Non ho più vent’anni e le gambe mi facevano molto male».
Non avendo “nemici”, la proprietaria dell’azienda sospetta che la bravata sia opera di animalisti o, chissà, magari di vegani “fanatici”. «Purtroppo negli ultimi tempi la lotta tra costoro e il mondo degli allevatori e dei contadini ha raggiunto forme di estremismo preoccupanti. Questo è stato un atto irresponsabile! Le capre sono gravide, la paura che hanno provato può portare ad aborti o nascite di capretti deboli proprio perché in natura, di questi tempi, non trovano cibo a sufficienza. Personalmente rispetto animalisti, vegetariani e vegani e condivido la loro lotta contro gli allevamenti con metodi crudeli del bestiame o lo sfruttamento, scriteriato, del suolo. Ma occorre fare una distinzione e ci vuole comunque un po’ di tolleranza. Molti di quelli che credono di agire per il bene degli animali, in realtà mettono in pericolo la loro vita. Circa un quarto della superficie della Svizzera è costituita da prati e pascoli (alpeggi compresi). Se non ci fossero gli allevatori di bestiame e i contadini, che ne sarebbe della biodiversità e della tutela del paesaggio? Come faremmo a produrre latticini? L’agricoltura responsabile e sostenibile è la chiave per assicurare un futuro dal punto di vista alimentare alla nostra popolazione. Ripeto, amo gli animali, conosco le mie capre una per una (tutte hanno un nome), le curo con prodotti omeopatici. Simili gesti non li posso accettare».
Quello di Cresmino non è un episodio isolato. Ci sono dei precedenti in termini di “crociate” animaliste che hanno interessato i monti delle zona. Nell’autunno di qualche anno fa, muniti di pinze, ignoti se l’erano presa con un piccolo allevamento di animali da cortile. In questo caso avevano tagliato parte della rete metallica, così da permettere la fuga delle bestiole che però avevano preferito starsene al caldo nella stalla a gustarsi il fieno piuttosto che darsi alla macchia e rischiare di morire di fame. Gli autori del gesto avevano lasciato un cartello con la scritta “Gli animali devono vivere liberi!”. Particolare curioso: nessuna delle bestiole custodite era destinata alla macellazione. Al contrario, erano state salvate da morte certa dai proprietari che le allevano per passione.