Locarnese

'Ho difeso diritti umani, e indirettamente anche la Svizzera'

Per l'ex sergente recatosi in Siria l'accusa chiede una pena pecuniaria: 'violata la neutralità della Confederazione'. La difesa chiede il pieno proscioglimento

Al centro, Johan Cosar. Ai lati, i suoi legali (Ti-Press)
21 febbraio 2019
|

«Attenuanti per motivi onorevoli, previsti dalla legge, non ce ne sono. Non ha prestato aiuto umanitario pacifico, ma ha imbracciato le armi». E, violando l’articolo 94, ha “minato” i «buoni rapporti con gli altri stati e la neutralità svizzera con gli altri paesi». Così si è espresso poco fa l’uditore Roberto Colombi (la pubblica accusa per la Giustizia militare) nel richiedere la pena per Johan Cosar, ex sergente dell’esercito svizzero recatosi in Siria a combattere l’Isis senza autorizzazione, violando la legge svizzera.

La richiesta di pena

Per quanto i fatti siano «a cavallo tra pena detentiva e pecuniaria», l’uditore chiede per lui la sola pena pecuniaria, ma al limite massimo: 180 aliquote giornalierie da 50 franchi cadauna e una multa di 2’200 franchi (pena detentiva sostitutiva di 22 giorni). Sull’applicazione della condizionale (con periodo di prova di 3 anni) non influirà la condanna pecuniaria risalente al 2011 per violazione della Legge sugli stupefacenti, superata e «perché di altra natura rispetto ai fatti trattati». Per il cugino, accusato di reclutare potenziali foreign fighters tramite il sito web della milizia (Syrian Military Council, o Smc), l’uditore ha chiesto 70 aliquote giornaliere di 140 franchi ciascuna più una multa di 1500 franchi (pena detentiva sostitutiva di 11 giorni). Trattandosi di prima sanzione, si applica per lui la condizionale (con periodo di prova di 2 anni).

Il cugino 'va prosciolto'

«Molto rumore per nulla». Così spiega l’intera vicenda la difesa del cugino di Cosar, in relazione al suo assistito. «Va innanzitutto prosciolto per non far parte del Smc», spiega l’avvocato Stefano Pizzola, definendo l’accusa «costruita sul niente. I fatti – aggiunge – non hanno condotto a nulla di concreto né relativamente all’intezione, né all’accettazione della violazione della legge». Pizzola ha spiegato come «trattandosi di una zona di guerra dei suoi antenati» il suo assistito «sia stato inevitabilmente coinvolto emotivamente». Ma questo «non significa reato». Unica concessione all’accusa, con il suo operare online «non è stato prudente».

Una guerra civile, non una guerra tra stati

«Quanto dibattuto in quest’aula tocca un tema importante del diritto umanitario. Perché un conto è vedere in tv certe scene. Un altro è viverle di persona». E ancora: «Senza persone come Joha Cosar, l’Isis avrebbe avuto la strada spianata». Nel soffermarsi sull articolo 94, e rispedendo all'uditore l'accusa di violazione della neutralità svizzera, l'avvocato difensore Yasar Ravi chiede la piena assoluzione dell'ex sergente svizzero, paragonando il nobile agire a quello di Paul Grüninger.
 
«In ottica del bene giuridico protetto dell’articolo 94, bisogna rilevare che Cosar non si è schierato a favore di uno stato. Il conflitto civile siriano non è uno scontro tra stati. La ratio legis dell’articolo 94 non può ritenersi minacciata». Quanto al tentativo di arruolare cittadini svizzeri, «gli elementi probatori agli atti sono insufficienti, per non dire inesistenti».

'Ho difeso valori umanitari e indirettamente la Svizzera'

«Non sento di aver violato una legge, non sento di aver toccato la neutralità svizzera. Contro la Svizzera non ho fatto nulla di male. Ho difeso dei valori e indirettmente anche la Svizzera dallo Stato islamico, territorialmente annientato, ma non sconfitto nella sua mentalità islamico-fascista». Queste le parole di Cosar al termine dell'udienza, concluse con un ultimo pensiero al popolo siriaco-cristiano: «Ho difeso diritti umani e civili di un popolo che oggi sopravvive anche per le piccole azioni da me eseguite».

La sentenza è attesa per domani alle 11.