Locarnese

Valle Onsernone, non è tutta acqua passata

A Comologno rievocati i 40 anni dalla devastante alluvione. Dalle ore concitate di quei giorni al risveglio di un territorio messo in ginocchio dal disastro idrogeologico

((La Voce Onsernonese)(la )
9 agosto 2018
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Fu un disastro di proporzioni inimmaginabili per il Ticino, il Grigione italiano e la Valle Vigezzo. Sicuramente una delle peggiori catastrofi naturali che abbia mai colpito queste regioni in epoca moderna. Nella notte tra il 7 e l’8 agosto 1978, dopo giorni di pioggia incessante, l’alluvione travolse ogni cosa, seminando morte e disperazione in molte valli e località di pianura. Ingenti danni furono registrati anche in Valle Onsernone, dove lo straripamento di fiumi e torrenti e gli innumerevoli franamenti causarono anche una vittima, il quarantenne Riccardo Gamboni. Da aggiungere ai 7 morti in Mesolcina e Calanca, ai 3 di Losone e Ascona, alle 2 vittime di Acquarossa, al morto di Bellinzona e ai 13 deceduti della Valle Vigezzo. A quarant’anni esatti di distanza, a Comologno, martedì sera, di quei tragici giorni che hanno lasciato una profonda ferita nel territorio si è tornati a parlare in occasione di una serata pubblica dedicata all’evento. Immagini, ricordi di quel tragico mese estivo sono riaffiorati grazie alla proposta dell’Associazione Amici di Comologno (con in prima fila Vasco Gamboni ed Ezio Marconi). Molti dei presenti in sala hanno vissuto in prima persona quei giorni angosciosi, un dramma poco conosciuto dalle nuove generazioni che, grazie a serate commemorative come questa, possono comunque “viverle”. Realizzata con materiale dell’epoca – foto e filmati che hanno permesso confronti tra i momenti della distruzione e la realtà precedente (o della rinascita) – la serata ha consentito, indirettamente, anche di evidenziare le diverse sfaccettature del rapporto tra l’uomo e l’ambiente circostante. All’improvviso, il finimondo Ora un passo indietro: alla sera del 7 agosto 1978. Dopo giorni di pioggia intensa il livello di fiumi e riali aveva ormai raggiunto il massimo della portata, mettendo a rischio la staticità di ponti, argini e portando a valle quantitativi di terriccio, massi e alberi impressionanti. Ad un certo punto, al calar della sera, la forza dell’acqua si aprì un varco spazzando via tutto ciò che incontrò sul suo cammino. Un’onda d’urto terribile, quella scesa dai pendii, che si portò via muri di sostegno, ponti (alcuni dei quali risalenti al Medioevo), case, stalle, auto invadendo paesi, piazze, abitazioni, dove fango e detriti trovarono sfogo. A complicare l’opera dei soccorsi fu proprio il crollo e il danneggiamento di ponti stradali e pedonali, che contribuì a isolare, per giorni, villaggi e monti sopraffatti dalla furia della natura. Il rumore, assordante, della ‘fim’ Non sono mancate, dalla viva voce di alcuni protagonisti dell’epoca, le testimonianze più toccanti, i racconti più angoscianti (con il rumore assordante della “fim”, il fiume per gli abitanti della valle, che molti don dimenticano, a far da sottofondo a ogni narrazione), i momenti concitati della fuga dalle abitazioni per cercare di porre in salvo la vita e la propria famiglia. Senza luce e telefono per una decina di giorni, con i collegamenti stradali interrotti in più punti, gli onsernonesi affrontarono il “day after”. Fu in particolare grazie all’intervento di truppe del genio dell’esercito e al ponte aereo messo in atto col supporto di Coop e Migros che importanti quantitativi di generi di prima necessità giunsero agli abitanti dei villaggi isolati. Ogni tragedia, si sa, è una storia a sé e porta degli insegnamenti. Ad accomunarle resta la solidarietà che, in questi casi, arriva dalla gente comune. Con quello spirito di fratellanza e aiuto reciproco uomini, ragazzi e donne della valle lavorarono senza sosta, rimboccandosi le maniche per ripristinare la normalità nelle aree disastrate. E cercare di cancellare, in fretta, quella brutta ferita. Un impegno trasversale, che ha coinvolto anche le istituzioni e che ha permesso alla Valle Onsernone di rialzarsi, valorizzare i suoi aspetti paesaggistici, turistici e produttivi.