Locarnese

Tegna, sentinella romana

L’antico Castelliere ospitava un piccolo presidio strategico posto a difesa degli accessi alle valli

18 maggio 2018
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Una piccola comunità, composta da alcune decine di anime, a difesa di quel “portone” strategico d’accesso alla Vallemaggia e alle Centovalli, con vista sul delta della Maggia. Dall’alto di un promontorio libero da ostacoli naturali, difficile da espugnare per le rocce che lo attorniano, in un’epoca di crisi per l’impero romano – minacciato nei suoi confini a nord-est dall’avanzata delle popolazioni germaniche e scosso, al suo interno, da problemi politici – il piccolo presidio ricopriva un ruolo di primaria importanza per il controllo delle vie di transito e la prevenzione di possibili attacchi verso la capitale (in quei tempi trasferita da Roma a Milano) e la Pianura padana. Questa la funzione del Castelliere di Tegna e della sua piccola guarnigione che l’archeologo Mattia Gillioz, supervisore dei lavori di riqualifica, ha rievocato sabato scorso, in occasione della giornata dedicata alla presentazione di questo sito storico di rilevanza, per troppo tempo trascurato. Fu infatti solo verso la fine degli anni Settanta, dopo i primi scavi archeologici compiuti nel periodo della Seconda Guerra mondiale (ma di queste rovine si parla, ad onor del vero, una prima volta già nel 1927) che l’interesse per il Castelliere ritrovò slancio.

I ritrovamenti

Di questo insediamento fortificato, probabilmente occupato fino agli inizi del VII secolo d.C., oggi non rimangono che poche tracce: le mura perimetrali di un edificio principale (22,5 metri di lato), con tanto di cisterna o di cantina e pozzo dell’acqua; una torre di guardia posta poco distante, versante Vallemaggia. Nessun segno, per contro, di quella che doveva essere la via d’accesso principale all’insediamento ma, in compenso, diversi reperti: recipienti per la conservazione e la cottura dei cibi, una punta di una lancia in ferro, una guarnizione bronzea di cinturone (che confermano la presenza di soldati armati con le loro famiglie al seguito e che “smonta” l’ipotesi si trattasse di un tempio e di un luogo di culto), una moneta di Costantino, imperatore del IV secolo come pure delle sepolture. Testimonianze di vita quotidiana. Non lontano, poco sopra il terrazzamento naturale che accoglie l’edificio principale, sono visibili altre mura, di una costruzione che però sembra appartenere all’epoca medievale.

Lo sviluppo degli insediamenti nella nostra regione

Che cosa abbia causato l’abbandono definitivo (e la distruzione) del Castelliere, non è dato sapere. Tracce di un incendio (forse a seguito di un attacco) potrebbero fornire la risposta all’interrogativo. Di certo, come ha spiegato Gillioz, quella di Tegna non fu una presenza “isolata” nella nostra regione, già popolata sin dalla preistoria. In un’epoca di forte sviluppo urbano, a Muralto, Ascona, Losone, Solduno – come pure altrove – l’occupazione romana aveva portato alla progressiva adozione di uno stile di vita mediterraneo e all’espansione dei traffici commerciali, portando prosperità ai centri presenti lungo i luoghi di passaggio delle merci e di sviluppo commerciale.
Se oggi, a distanza di secoli, il Castelliere è in grado di raccontarci la sua lontanissima storia (la frequentazione del luogo è iniziata già nel Neolitico), gran parte del merito è di chi, questo recupero conservativo, l’ha voluto fermamente. In prima fila il Patriziato di Tegna, proprietario del sito, col suo presidente Adriano Gilà. Ente che ha potuto contare sul prezioso appoggio del Candidato Parco nazionale del Locarnese e dell’Associazione Amici delle Tre Terre di Pedemonte, oltre che di diverse associazioni e istituzioni. Accessibile attraverso un sentiero pedestre recentemente ristrutturato, il Castelliere attende ora la posa della cartellonistica informativa. Il 7 ottobre, in occasione dei festeggiamenti dell’Anno europeo del patrimonio culturale al quale la Svizzera ha aderito, vi sarà l’inaugurazione ufficiale. In precedenza, sabato 8 settembre, ci sarà una nuova visita guidata del sito (grazie al coordinamento della Nike, Centro nazionale d’informazione sul patrimonio culturale).
E chissà che in futuro nuove ricerche sulla sommità della collina non forniscano altre sorprese e novità importanti, utili alla comprensione della storia remota delle nostre comunità.