Compravendita di elettricità e mancato versamento dell'Iva per 15 milioni di euro. Determinante il ruolo di una ‘società bucalettere’ grigionese
È finito agli arresti domiciliari il 45enne pugliese principale indagato a Bari per una frode fiscale da 15 milioni di euro organizzata nel commercio di energia elettrica; attività svolta – stando agli inquirenti italiani – coinvolgendo anche una società anonima elvetica da lui costituita negli anni scorsi a Rancate, successivamente trasferita a Chiasso e infine, nel 2016, a Roveredo Grigioni dove fino all’anno scorso la vigilanza cantonale era meno pressante di quella ticinese. Insomma una delle tante ‘società bucalettere’ create con l’unico scopo di prestarle a triangolazioni finanziarie volte a far perdere le tracce di denaro e a non pagare le tasse. Della Entraco International Sa – il cui scopo societario ufficiale era comunque la compravendita di elettricità – il Registro di commercio retico ha decretato la conclusione della procedura di liquidazione nel 2018, ma mancando tutt’oggi il consenso dell’autorità fiscale federale (il motivo, a questo punto, appare chiaro) non è ancora stata cancellata. Il nome dell’indagato non compare nei documenti dei Registri ticinese e retico.
L’inchiesta penale svolta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Bari vede coinvolti altri tre indagati italiani, nei cui confronti al momento è stata decisa l’interdizione per un anno dall’esercizio di impresa. Tutte le società da loro controllate fra la Puglia e Roma, dopo aver frodato il fisco italiano sarebbero state condotte al fallimento. A questo punto dell’inchiesta il giudice delle indagini preliminari ha accolto la richiesta del pm Giuseppe Dentamaro, che contesta ai quattro uomini, e ad altri tre indagati, diverse ipotesi di bancarotta in relazione al fallimento del Consorzio energetico italiano (Cei) a suo tempo costituito dallo stesso 45enne finito ai domiciliari e già titolare della Entraco International.
Nei mesi scorsi sono stati sequestrati beni fino al valore limite di 15,2 milioni di euro, somma pari al presunto profitto illecito a carico di quattro indagati. L'inchiesta è partita a seguito di un’ispezione tributaria, conclusasi nel 2019, nei confronti di una società già con sede a Modugno (provincia di Bari) poi trasferita a Roma. Emerge che la società moesana avrebbe ceduto l’energia elettrica solo formalmente al Cei. Il quale, operando appunto quale società fittizia, avrebbe evaso l’Iva tramite l’emissione di 89 fatture false pari a 74 milioni di euro. Sul Cei è stato infine fatto ricadere il debito verso l’Erario italiano, mai onorato. Questo mentre in realtà a commercializzare l’energia elettrica all’ingrosso e al dettaglio sarebbe stata la Velga Srl, amministrata da uno degli indagati. Risultano pure essere stati distratti fondi per 2,5 milioni e, per non lasciare tracce, distrutte le scritture contabili.