In una lettera (primo firmatario Massimiliano Ay) invitano il governo a ‘rivalutare’ la decisione
Si allarga il fronte dei granconsiglieri che si oppongono alla chiusura della Casa dello studente di Bellinzona. In una lettera indirizzata al Consiglio di Stato, tredici deputati di vari schieramenti politici e, perlopiù, esponenti delle regioni di valle – primo firmatario Massimiliano Ay (Partito comunista) – invitano il governo a “rivalutare” la decisione di chiudere la struttura, anche se manca ancora l’ufficialità. “Siamo sicuri che condividiate con noi la necessità che il luogo di provenienza geografica non debba rappresentare un fattore di discrimine nella scelta del futuro formativo di un giovane”, si legge nella missiva. I granconsiglieri si dicono preoccupati di questa decisione, anche perché “non pare siano state predisposte sistemazioni alternative a favore degli allievi, soprattutto di coloro che provengono dalle valli, i quali non devono essere svantaggiati rispetto ai loro coetanei che abitano nei centri urbani”. Una scelta, quindi, che avrebbe delle ripercussioni negative “sul diritto allo studio”. Una chiusura che non verrebbe compensata in termini di accessibilità allo studio nemmeno dal “miglioramento della rete del trasporto pubblico”. Si vogliono evitare inoltre “situazioni di precarietà per gli studenti e le studentesse che risiedono attualmente presso la struttura”. Non da ultimo, i granconsiglieri sottolineano che dopo la chiusura della Casa dello studente di Lugano, il Gran Consiglio aveva già suggerito l’individuazione di “una nuova sede con la possibilità di fruire della refezione e di una sorveglianza per i minorenni”. Suggerimento, quindi, che non sarebbe stato preso in considerazione dall’esecutivo che sembra andare nella direzione opposta.
Ricordiamo che proprio Massimiliano Ay, con la sua collega Lea Ferrari (Partito comunista), ha recentemente presentato un’interpellanza sul tema, chiedendo lumi al Consiglio di Stato: oltre a chiedere conferma della chiusura della Casa dello studente, i due deputati avevano anche proposto "puntuali sussidi per favorire l’utilizzo dei mezzi pubblici da parte dei giovani in formazione coinvolti dalla chiusura". Pure il Sindacato indipendente degli studenti e apprendisti (Sisa) si è opposto fermamente alla chiusura, aspettandosi che “il Consiglio di Stato adoperi tutte le risorse necessarie per individuare soluzioni alternative, al fine di spostare la struttura”. Chiusura, stando al Sisa, dovuta a "un calo delle iscrizioni negli ultimi anni, tale da non raggiungere la capienza massima, causando un disavanzo annuale di 80'000 franchi".