A Giornico due nonni lanciano un appello per evitare che i bambini loro affidati siano rispediti nel pericoloso Honduras, dove non hanno alcun legame
Massimiliano, Teodoro e Francesco hanno dieci, undici e dodici anni. Il primo e l’ultimo sono fratelli e Teodoro è loro cugino. Dal 2016, arrivati dall’Honduras dove sono nati, abitano stabilmente in Ticino. Dapprima a Camorino e da sei anni a Giornico dove frequentano le scuole, sono integrati e praticano diverse attività. Con i loro coetanei giocano a hockey, unihockey, calcio, sciano. A occuparsene sono i nonni Marzio Mossi e Claudia Hernandez. Lui otto anni fa aveva portato via moglie e nipotini piccolissimi da uno dei Paesi più violenti e problematici del Centroamerica. Mettendo in campo tutte le loro energie, i nonni li hanno cresciuti qui in assenza dei genitori, ottenendo infine questo giugno lo statuto di tutori dall’Autorità regionale di protezione (Arp) di Faido. Il passo successivo, ossia l’affidamento, non può però al momento essere regolarizzato perché i nipotini non hanno finora ottenuto il richiesto, ma sempre negato, permesso di soggiorno. Non solo: ora tutti e tre rischiano di dover lasciare la Svizzera. Così hanno deciso le autorità cantonali. Ma c’è un ultimo disperato tentativo, fatto in extremis questa settimana, per evitare che ciò accada.
È proprio sul permesso di dimora, e sulla lunga trafila giuridica finora risultata vana per poter restare qui per sempre, che la vita dei tre bambini rischia d’incagliarsi. Un rischio concreto viste le diverse decisioni negative pronunciate dalle autorità a più livelli, ultime in ordine di tempo quella del Tribunale amministrativo cantonale (giugno 2024) contraria all’ammissione provvisoria e favorevole all’allontanamento così come stabilito l’anno scorso dal Consiglio di Stato e nel 2021 dalla Sezione della popolazione del Dipartimento istituzioni; e quella finale (settembre 2024) dell’Ufficio cantonale della migrazione (attivo alla Sezione della popolazione) che ha fissato al 31 dicembre il termine perentorio per lasciare la Svizzera. Entro una dozzina di giorni i tre bambini e il loro zio Edwin, anch’egli stabilitosi nella casa dei genitori a Giornico diventando a sua volta un punto di riferimento per i tre nipotini, dovranno dunque lasciare la Svizzera.
Originario della Val Morobbia e con un passato di piccolo imprenditore fra Bellinzonese e Honduras dove si era trasferito a fine anni 80 e dove ha lavorato per tre decenni, nonno Marzio è una fucina di soluzioni. Di fronte alle avversità se l’è sempre cavata, anche quando è stato ingiustamente querelato in Ticino (la causa si è risolta a suo favore) e minacciato di morte e picchiato a sangue oltreoceano. Honduras dove il tasso di criminalità è elevato e vige la legge delle bande, del narcotraffico, della corruzione, della violenza, con tanto di stato di emergenza e coprifuoco nelle zone più problematiche in cui attentati e sequestri sono all’ordine del giorno. Così spiega il Dipartimento federale degli affari esteri sul proprio portale. «Ma la realtà dei fatti è assai più pesante», assicura Marzio. Il suo ritorno in patria, oltre dieci anni fa, si era reso necessario a causa di problemi cardiaci curati al Cardiocentro di Lugano. «Avevo lasciato moglie, tre figli e tre nipoti in Honduras, dov’erano soggetti a intimidazioni e minacce. Ristabilita la salute, ho preparato tutto il necessario per trasferirli da me in Ticino. Intendo non solo l’alloggio ma anche la trafila corretta per ottenere dapprima i permessi di dimora per ricongiungimento familiare e poi i permessi di soggiorno, condizione necessaria per infine chiedere la cittadinanza svizzera agevolata. L’errore mio è stato fidarmi di una spiegazione orale datami dall’Ufficio della migrazione, secondo cui per poter avviare la trafila sarebbe bastato disporre di un passaporto valido. Cosa che si è rivelata insufficiente e alla quale sono seguiti anni di ricorsi. Se per i maggiorenni si può sostenere che non ne avessero il diritto, è incomprensibile che ciò valga per i tre nipotini. Anche perché la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo parla chiaro sancendo che nessun bambino può essere mandato via dai Paesi firmatari (Svizzera inclusa), tanto più che ora l’Arp ha ufficialmente riconosciuto a noi nonni lo statuto di tutori».
Ora Marzio Mossi di fronte alle ultime decisioni avverse non si è perso d’animo. Attraverso l’avvocato Mario Amato del Consultorio giuridico del Soccorso operaio svizzero (Sos) sezione Ticino, all’inizio di questa settimana ha inoltrato all’Ufficio della migrazione la richiesta per il rilascio di un permesso di dimora nel rispetto delle disposizioni che prevedono l’ammissione all’immigrazione in presenza di un caso personale particolarmente grave. I cosiddetti ‘casi di rigore’ riconosciuti quando il rinvio dalla Svizzera porta a gravi conseguenze. L’istanza si rende necessaria per dar seguito alla doppia decisione dell’Arp di Faido che sei mesi fa non solo ha privato i genitori dell’autorità parentale affidandola ai nonni, ma ha anche nominato Amato rappresentante legale dei tre minori nelle procedure in materia di diritto degli stranieri.
Quanto al caso di rigore, vi sono per legge più criteri per poterlo riconoscere, fra cui in primis l’integrazione, poi la situazione familiare, la durata della presenza in Svizzera e della scolarizzazione, la situazione finanziaria, lo stato di salute e la possibilità di reinserimento nel Paese d’origine. Tutti elementi che sembrano giocare a favore di Massimiliano, Teodoro e Francesco e del loro zio Edwin; per contro i due padri dei tre bambini, dopo una breve sosta fatta in Ticino questa estate con visto turistico, si sono nel frattempo recati provvisoriamente nella vicina Italia per non pesare sulle finanze della famiglia e fiduciosi che il tutto possa risolversi (per contro le rispettive mamme non hanno avuto contatti con i loro figli dopo averli messi al mondo).
Secondo l’avvocato Amato non vi sono dubbi: a otto anni dall’arrivo in Ticino “è particolarmente riuscita” l’integrazione sociale e scolastica dei tre minorenni. A sancirlo è l’Ufficio cantonale dell’aiuto e della protezione che in primavera aveva proposto all’Arp d’istituire la doppia curatela legale (Amato) e genitoriale (nonni). Analizzata da vicino la situazione, in maggio e ottobre l’Ufficio ha descritto a due riprese un quadro generale tutto sommato positivo, anche fra le mura domestiche dove “sebbene in assenza dei genitori biologici, i bambini sono riusciti a sviluppare ugualmente legami sicuri di attaccamento, mentre i nonni si sono mostrati consapevoli dei bisogni dei nipoti”. In questo contesto il rischio di espulsione “va considerato come un fattore di destabilizzazione e di mancata sicurezza”. Proprio per monitorare costantemente la situazione, l’Ufficio incontrerà ancora prossimamente i bambini. Un loro allontanamento verso l’Honduras – rincara la dose l’istanza di Sos Ticino – oltre a essere pericoloso dal punto di vista della sicurezza, “rappresenterebbe uno sradicamento sociale”. Peraltro solo il più grande dei tre bambini “serba qualche vago ricordo dell’Honduras”. La Svizzera “è dunque l’unico Paese che conoscono”. E che identificano – sottolinea l’Ufficio aiuto e protezione – come luogo di appartenenza “nel quale progettare il futuro”. Quanto invece all’Honduras, “mostrano preoccupazione per le condizioni di vita e i problemi legati alla sicurezza”.
Al capitolo ‘stato di salute’, nell’istanza partita questo lunedì viene peraltro evidenziata la situazione del più piccolo: grazie a un efficace lavoro di messa in rete avviato nel 2021, beneficia costantemente di un approccio medico e scolastico specialistico per aiutarlo nell’apprendimento e nelle situazioni di vita quotidiana. “Appare quindi prioritario che possa continuare a beneficiarne, a favore di una stabilità familiare e sociale”. L’avvocato Amato richiama infine la Convenzione sui diritti del fanciullo: “Diritti compromessi se i tre bambini dovessero essere allontanati verso l’Honduras”. Anche per questo motivo si chiede che il termine di partenza venga prorogato fino al 30 giugno 2025, così da poter concludere l’anno scolastico. Pure evidenziata la situazione dello zio, anch’egli come detto oggetto dell’istanza: “Da otto anni è di aiuto alla loro crescita, una figura importante in assenza dei rispettivi genitori”. Il fatto che finora non abbia potuto ottenere il permesso di soggiorno, “gli ha impedito di accedere stabilmente al mondo del lavoro”.
Quello di Sos è un passo inevitabile che traduce in ‘giuridichese’ quanto la famiglia di Giornico sta vivendo in queste settimane. «Da quando ci è stata comunicata la data di partenza – rileva Marzio Mossi – la nostra convivenza è stata stravolta: i bambini sono diventati insofferenti e apatici, si disinteressano della scuola, delle amicizie, dello sport. Accusano noi adulti di averli ingannati per lunghi anni. E fra noi adulti è subentrato un sentimento d’impotenza». L’appello travalica quindi l’istanza preposta che dovrà esprimersi nei prossimi giorni: «Non sappiamo più a che santo votarci per impedire una misura di allontanamento spropositata che non considera minimamente l’aspetto umanitario, al di là della mera interpretazione delle leggi. Un agire crudele. Ma d’altronde, nelle varie sentenze sin qui emesse la situazione molto critica in cui versa l’Honduras non viene nemmeno citata né considerata. E mai nessun consigliere di Stato cui abbiamo scritto si è preso la briga di risponderci. Mi rifiuto di credere – conclude amareggiato nonno Marzio Mossi – che tutto ciò possa accadere in Ticino, in Svizzera».
“Pur comprendendo che la situazione a livello di sicurezza, sanità pubblica ed educazione non sia paragonabile a quella elvetica, l’esecuzione dell’allontanamento in Honduras si rivela possibile, ammissibile e ragionevolmente esigibile”. Il Tram nella sentenza del 19 giugno 2024 si è rigorosamente attenuto alle disposizioni legali nel confermare la decisione del Dipartimento istituzioni. Scrive che “non esiste alcun trattato fra Svizzera e Honduras da cui potrebbe scaturire un diritto al rilascio di un permesso di dimora. Nemmeno vi sono ostacoli di natura tecnica che rendano impossibile il rimpatrio”. Inoltre “di recente il Tribunale federale amministrativo ha ribadito che, nonostante l’elevata criminalità e il fatto che la situazione politica e sociale sia a volte tesa, la Repubblica non è in preda a una guerra internazionale o in uno stato di violenza generalizzata”. Citata poi la Corte europea dei diritti dell’uomo: “Ha più volte ribadito” che non è sufficiente a evitare il rimpatrio “la sola possibilità di subire maltrattamenti dovuti a una situazione d’insicurezza generale o di violenza generalizzata”. Spetta al diretto interessato provare l’esistenza di un rischio reale. Perciò nel caso concreto “non è dato di vedere come i tre bambini non possano tornare a vivere con i genitori paterni nel Paese d’origine”. Il fatto che siano scolarizzati in Ticino sin dall’asilo “non è determinante visto che non hanno mai ottenuto un permesso di soggiorno e la loro presenza è tollerata in attesa di una decisione definitiva sui ricorsi”. Né il Tram riconosce un peso determinante alla tutela affidata ai nonni, “decisione presa dall’Arp a titolo cautelare”. Pollice verso infine sulla presa a carico medico-psicologica del più piccolo: “Non è documentato che in patria sarà confrontato a un peggioramento delle condizioni di salute, né che in Honduras mancherebbero analoghe infrastrutture mediche e sociali”.